Conclusione. Il difficile coordinamento normativo
Con l'emanazione delle nuove specifiche tecniche, oggi in commento, e – in particolare – con l'introduzione dell'art. 19 delle stesse, si è di fatto dato esecuzione al disposto dell'art. 87; da ciò si potrebbe dedurre che – a decorrere dal 30 settembre 2024 – non possa più essere utilizzato il canale PEC per i depositi penali telematici, tale interpretazione deve – però – essere analizzata più attentamente e, in particolare, alla luce di due importanti elementi normativi:
In primis vi è da sottolineare come, con il decreto 29 dicembre 2023, n. 217 (già citato in apertura) si sia espressamente previsto – all'art. 3 comma 4 – come “[…] il deposito di atti, documenti, richieste e memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche ai sensi dell'art. 111-bis del codice di procedura penale anche nei casi diversi da quelli disciplinati dal comma 1:
a) negli uffici della procura della Repubblica presso il tribunale, della Procura europea e del tribunale a decorrere dal 1° gennaio 2025;
b) negli uffici della procura generale presso la Corte di appello, della Corte di appello, della Procura generale presso la Corte di cassazione e della Corte di cassazione a decorrere dal 30 giugno 2025.”
Tale norma, quindi, sposterebbe il termine di applicazione generalizzato dell'utilizzo del PDP al 1° gennaio 2025 per i procedimenti di primo grado e al 20 giugno 2025 per quelli di grado successivo.
Rispetto a tale ricostruzione, però, si potrebbe eccepire che le disposizioni di un decreto ministeriale – per i principi generali della gerarchia delle fonti – non siano in grado di derogare a un atto avente forza di legge come il d.lgs. n. 150/2022.
Rispetto a quanto riportato al punto precedente, però, si deve ulteriormente sottolineare come – in realtà – l'art. 87 del d.lgs. n. 150/2022 (che oggi godrebbe di piena attuazione in virtù delle specifiche tecniche emanate nel mese di agosto 2024) non sancisca un generale obbligo di deposito telematico tramite PDP ma unicamente – al comma 6-bis – degli atti espressamente previsti nell'articolo in parola ed elencati nella parte precedente di questo contributo.
Gli ulteriori atti previsti dal decreto 4 luglio 2023 (che costituiscono la quasi totalità degli atti depositabili dai difensori in ambito penale), invece, vengono introdotti in attuazione dell'art. 87 comma 6-ter del sopracitato decreto legislativo, creando – però – un vero e proprio problema interpretativo causato dal mancato coordinamento letterale delle norme.
Vediamolo nello specifico:
mentre l'art. 87 comma 6-ter stabilisce che “con uno o più decreti del Ministro della giustizia sono individuati gli ulteriori atti per i quali è consentito il deposito telematico con le modalità di cui al comma 6-bis”; l'art. 1 del decreto 4 luglio 2023 recita: “il deposito da parte dei difensori degli atti di seguito elencati, avviene esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico ai sensi dell'art. 87 comma 6-ter”.
Concludendo sul punto, quindi, da un lato il comma 6-ter consente e non obbliga al deposito telematico tramite PDP, mentre l'art. 1 del decreto ministeriale utilizza l'accezione “avviene esclusivamente mediante deposito […]".
Ad avviso di chi scrive, sempre in virtù dei principi generali dell'ordinamento legati alla gerarchia delle fonti, non si potrà ritenere obbligatorio - a decorrere dal 30 settembre 2024 - il deposito generalizzato tramite PDP in ambito penale, posto che anche qualora si ritenesse non operante la proroga di cui al precedente punto 1), introdotta con il decreto 29 dicembre 2023, n. 217, in ogni caso prevarrebbe la facoltatività dell'utilizzo del PDP prevista dal comma 6-ter del d.lgs. n. 150/2022.
L'art. 19 di cui sopra, poi, prevede che nel procedimento penale atti e documenti siano trasmessi dai soggetti abilitati esterni mediante il PDP, accessibile dal PST all'indirizzo pst.giustizia.it, precisando che nel caso di deposito di una nomina presso la Procura della Repubblica, il deposito stesso debba essere accompagnato da un c.d. atto abilitante, ciò – però – qualora il procedimento sia in fase di indagine preliminare e non sia stato ancora emesso o non sia previsto uno degli avvisi di cui agli artt. 408, 411 o 415-bis c.p.p.
A seguito della trasmissione dell'atto al PDP, il sistema provvederà all'emissione di una ricevuta di accettazione del deposito contenente:
- un identificativo unico nazionale nella forma anno/numero;
- i dati inseriti dal depositante;
- la data e l'orario dell'operazione di invio rilevati dai sistemi del Ministero di giustizia.
Tale ricevuta sarà scaricabile in formato PDF dal medesimo portale.
Elemento importante relativo alla fase di accettazione del deposito, è riportato nella parte successiva dell'art. 19 che, oggi, prevede la verifica e l'accettazione automatica di tutti gli atti inviati dai difensori rispetto ai quali vi sia corrispondenza tra i dati inseriti sul PDP e i dati di registro del procedimento penale.
Questo permetterà di velocizzare le procedure di trasmissione degli atti, eliminando la fase di intervento da parte degli operatori di segreteria e di cancelleria.
Tralasciando le varie disposizioni tecniche relative allo stato del deposito e alle tipologie di errore generato lato segreteria, si precisa infine che la dimensione massima consentita per ciascun deposito di atti ed eventuali allegati è pari a 60 megabyte per singolo file, fino ad un massimo di 600 megabyte per l'intero deposito.