La riduzione della pena per il rito abbreviato in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni

28 Luglio 2025

Quando il giudizio abbreviato si concluda con la condanna dell’imputato per fattispecie delittuose e fattispecie contravvenzionali poste in continuazione, qual è la misura della riduzione della pena per queste ultime? Le motivazioni delle Sezioni Unite.

Questione controversa

La questione controversa riguarda l'ambito applicativo dell'art. 442 comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1, comma 44, l. n. 103/2017: la previsione secondo cui «la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà se si procede per una contravvenzione» si applica sempre e comunque, oppure, quando vi è continuazione tra delitti e contravvenzioni, si deve ridurre la pena nella misura unitaria di un terzo prevista per i delitti, dovendosi parametrare la pena del reato continuato su quella stabilita per il reato più grave (il delitto) in ossequio alla regola del cumulo delle pene concorrenti di cui all'art. 76 c.p.?

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione
  • Un primo orientamento reputa ineludibile l'applicazione della norma penale di favore introdotta dalla cd. “legge Orlando”.
  • Si evidenzia che la sensibile diversità delle decurtazioni stabilite per i delitti e per le contravvenzioni non può essere superata valorizzando la generica finalità mitigatrice dell'istituto della continuazione: l'abbattimento della sanzione che consegue al riconoscimento del vincolo teleologico è infatti discrezionale, seppur soggetta ai limiti previsti dall'art. 81 c.p., mentre l'ammontare della decurtazione per il rito abbreviato è sottratta alla discrezionalità del giudice, essendo stabilita dalla legge in modo fisso e predeterminato, tanto che l'applicazione di una riduzione in misura inferiore a quella prescritta è causa di illegalità della pena. Né tale illegalità può ritenersi superata dal fatto che, all'esito del riconoscimento della continuazione, la sanzione finale (in ossequio al dictum di Cass. pen., sez. un., 21 giugno 2018, n. 40983) assume una configurazione “omogenea” tra reati puniti con pene di specie diversa (reclusione e arresto; multa e ammenda), poiché le stesse Sezioni unite hanno ammonito circa il necessario rispetto del principio di legalità della pena e di quello del favor rei, e, dunque, circa la rigorosa applicazione della norma dalla quale scaturiscono per l'imputato conseguenze meno pregiudizievoli.
  • Si sottolinea, altresì, che altra pronuncia del massimo consesso nomofilattico (Cass. pen. sez. un., 17 dicembre 2020, dep. 2021, n. 7578) ha messo in luce il carattere “cogente” dell'applicazione della riduzione nella nuova misura stabilita dalla legge per i reati contravvenzionali, essendosi affermato il principio della necessaria applicazione della più favorevole riduzione della metà, pur quando la pena irrogata dal giudice di primo grado sia inferiore al minimo edittale, in quanto la norma della quale si discute «prevede categoricamente la diminuzione della pena nella misura della metà per effetto dell'opzione difensiva per il rito abbreviato nei procedimenti nei quali sono contestati reati contravvenzionali» e «il carattere tassativo di questa previsione nell'indicazione del quantum della riduzione scolpisce (...) nitidamente il contenuto dell'obbligo decisorio sul punto, al quale il giudice non può sottrarsi, spettando correlativamente all'imputato il diritto a vedersi decurtata la pena nella esatta dimensione prevista dalla legge».
  • Si rappresenta, infine, che l'orientamento più restrittivo conduce di fatto, per ragioni legate a dinamiche procedimentali variabili, a scelte soggettive, o alla decisione di procedere con processi separati o riuniti, alla parziale abrogazione di una norma che ha effetti sostanziali favorevoli all'imputato.
  • Dunque, quando sia riconosciuta la continuazione tra delitti e contravvenzioni, la riduzione per il rito abbreviato deve essere effettuata distintamente, nella misura della metà sugli aumenti disposti per le contravvenzioni, e nella misura di un terzo sulla pena base e sugli aumenti disposti per i delitti (1).
  • Secondo l'opposto orientamento, il riconoscimento della identità del disegno criminoso comporta la perdita di “autonomia” dei reati minori, attesa la natura unitaria quoad poenam del reato continuato: dunque, poiché la pena deve essere parametrata su quella prevista per il reato più grave - che, in caso di concorso tra un delitto ed una contravvenzione non può che essere il delitto - la riduzione deve essere operata nella misura unica ed unitaria di un terzo.
  • A sostegno di questa opzione ermeneutica si richiamano le motivazioni di Cass. pen., sez. un., 25 ottobre 2007, n. 45583, nella parte in cui si è puntualizzato che l'operazione riduttiva per la scelta del rito costituisce un posterius rispetto alle altre, ordinarie, operazioni di dosimetria della pena, tra cui quella indicata dall'art. 533 comma 2, c.p.p. («Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione»): dunque, la commisurazione delle singole componenti della pena complessiva attiene ad una fase precedente alla deliberazione finale, il che, con riferimento al processo oggettivamente cumulativo definito con rito abbreviato, comporta che prima si effettua la determinazione del trattamento sanzionatorio, nel rispetto dei limiti di natura sostanziale posti dalla legge penale a temperamento del principio del cumulo materiale delle pene, e poi si procede alla diminuzione per il rito di una pena che, a mente degli artt. 73 e 76 c.p., deve essere considerata «unica per ogni effetto giuridico» (e non la mera somma delle pene applicate per ciascun reato).
  • Poiché, dunque, l'applicazione differenziata della riduzione della pena in caso di delitti e contravvenzioni unificati dal vincolo della continuazione tradirebbe la natura unitaria, almeno sul versante sanzionatorio, del reato continuato, deve ritenersi che il giudice, una volta definita la misura del trattamento sanzionatorio tenendo conto dei criteri di individuazione della violazione più grave e dell'eventuale giudizio di comparazione delle circostanze, debba operare, sulla pena unitaria scaturita dal computo, un'unica riduzione per il rito abbreviato, avendo riguardo a quella prevista dall'art. 442 c.p.p. per il reato più grave, su cui è stata parametrata l'entità della pena (2).

(1Cass. pen., sez. VI, 18 gennaio 2024, n. 17842, Cass. pen., sez. II, 4 aprile 2023, n. 33454, Cass. pen., sez. VI, 18 gennaio 2022, n. 4199; Cass. pen., sez. V, 17 settembre 2021, n. 42199; Cass. pen., sez. VI, 25 giugno 2021, n. 28021; Cass. pen., sez. VII, 4 febbraio 2021, n. 16311; Cass. pen., sez. VII, 24 gennaio 2020, dep. 2021, n. 6250; Cass. pen., sez. I, 6 ottobre 2020, dep. 2021, n. 1438; Cass. pen., sez. I, 23 settembre 2020, n. 33051; Cass. pen., sez. fer., 25 agosto 2020, n. 32176; Cass. pen., sez. I, 24 maggio 2019, n. 39087, Cass. pen., sez. II, 27 febbraio 2019, n. 14068.

        

(2Cass. pen., sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, Cass. pen., sez. II, 13 settembre 2023, n. 38440, Cass. pen., sez. II, 17 gennaio 2023, n. 40079, Cass. pen., sez. VI, 7 novembre 2022, n. 48834, Cass. pen., sez. III, 6 luglio 2021, n. 41755.

Rimessione alle Sezioni Unite
  • L'Ufficio per l'esame preliminare dei ricorsi della Quinta Sezione penale era chiamato a scrutinare il ricorso per cassazione dell'imputato condannato per il delitto di furto aggravato e per la contravvenzione di cui all'art. 707 c.p.: il ricorrente si doleva della dosimetria della pena, poiché il giudice del rito abbreviato aveva apportato - sulla pena base di mesi 4 di reclusione ed € 200 di multa per il delitto – un aumento di mesi due di reclusione ed € 100 di multa per la contravvenzione, ed aveva infine ridotto di un terzo la pena complessiva finale di mesi 6 di reclusione ed € 300 di multa; il rigoroso ossequio a quanto prescritto dall'art. 442 comma 2, c.p.p. avrebbe invece imposto, ad avviso del ricorrente, di diminuire di un terzo la pena comminata per il delitto, e della metà quella comminata per la contravvenzione.
  • Il Consigliere delegato allo spoglio del ricorso ha dato atto del contrasto sviluppatosi nella giurisprudenza di legittimità, ripercorrendo ed approfondendo i due orientamenti: ha, dunque, trasmesso gli atti alla Prima Presidente della Corte, ai sensi dell'art. 610 comma 2, c.p.p.
  • La Prima Presidente ha conseguenzialmente rimesso il ricorso all'esame delle Sezioni Unite, alle quali è stato rivolto il seguente quesito: «Se, in tema di giudizio abbreviato, la riduzione di cui all'art. 442, comma 2, c.p.p., come modificato dall'art. 1, comma 44, legge 23 ottobre 2017, n. 103, in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, debba essere operata nella misura unitaria di un terzo ovvero debba essere effettuata distintamente sugli aumenti di pena disposti per le contravvenzioni nella misura della metà e su quelli disposti per i delitti nella misura di un terzo.

Informazione provvisoria

Le Sezioni Unite, all'esito della camera di consiglio del 27 febbraio 2025, hanno affermato i seguenti principi di diritto:

«Nel caso di delitti e contravvenzioni posti in continuazione e oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione per il rito ai sensi dell'art. 442, comma 2, c.p.p., come novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, va operata, sulla pena inflitta per i delitti, nella misura di un terzo e, sulla pena applicata per le contravvenzioni, nella misura della metà».

«La questione riguardante l'erronea determinazione della diminuente per il giudizio abbreviato in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni è soggetta al principio devolutivo e non può essere dedotta per la prima volta in sede esecutiva, trattandosi di ipotesi afferente a pena illegittima e non illegale».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. un., 27 febbraio 2025, n. 27059
  • Le Sezioni Unite hanno preliminarmente ribadito che l'art. 442 comma 2 c.p.p. è norma processuale con effetti sostanziali: la matrice processuale è riconnessa al fatto che, nel contribuire alla quantificazione della pena, la diminuente «non si atteggia in termini di valutazione del fatto-reato e della personalità dell'imputato, sicché non concorre a determinare il disvalore della condotta criminosa nel caso concreto, consistendo [..] in una riduzione fissa e automatica, senza alcuna discrezionalità valutativa da parte del giudice», in coerenza con la finalità deflattiva dell'istituto; la dimensione sostanziale è resa evidente dalla sensibile riduzione della pena, sicché, come già chiarito dalla Corte costituzionale, la disposizione in oggetto, ancorché inserita in una norma del codice di rito e nel sistema processuale, «si risolve indiscutibilmente in un trattamento penale di favore», avendo un'immediata ricaduta sulla tipologia e sulla durata delle pene applicabili in caso di condanna.
  • Quanto alla struttura ed ai caratteri del reato continuato, le Sezioni Unite hanno ricordato che esso «si caratterizza per essere istituto di diretta espressione del principio del favor rei, che tiene conto della ritenuta minore riprovevolezza complessiva dell'agente, il quale, pur commettendo diverse violazioni della legge penale, si è determinato in tal senso "una sola volta" e, sulla base di tale unica determinazione iniziale, ha commesso una serie di reati»: dunque, «la continuazione di cui all'art. 81, comma 2, c.p. comporta [..] ai soli fini sanzionatori e attraverso una fictio iuris, un'operazione che si potrebbe atecnicamente definire di "fusione per aggiunta" tra le pene dei reati posti in continuazione, che vengono a costituirsi come un "complesso unitario" che, all'occorrenza, diviene tuttavia scindibile».
  • Il reato continuato, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, ha una natura che va apprezzata secondo «una "visione multifocale", ora unitaria, ora pluralistica, che sottolinea come la perdita dell'autonomia sanzionatoria dei reati satellite non comporti affatto l'irrilevanza della valutazione della gravità dei citati reati, singolarmente considerati»; «dunque, se, da un punto di vista funzionale, il reato continuato rappresenta una particolare figura di concorso materiale di reati, unificati dall'identità del disegno criminoso e assoggettati - in conseguenza di ciò - al cumulo giuridico delle pene, secondo il meccanismo sanzionatorio previsto per il concorso formale, è vero anche che, da un punto di vista strutturale, si tratta pur sempre di singoli reati, di fattispecie autonome "create" dal legislatore e distintamente descritte in differenti norme»: dalla perdurante autonomia dei reati all'interno della continuazione criminosa consegue, ad esempio, che il giudice è tenuto a «motivare l'entità dei singoli aumenti per i reati satellite, poiché tale specificazione rileva non solo allorché debba procedersi alla scissione delle pene, per poi applicare soltanto ad alcuni dei reati fittiziamente unificati taluni istituti giuridici, ma soprattutto consente l'indispensabile controllo sull'esercizio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, permettendo di valutare se sia stato rispettato il principio di proporzionalità di essa, dovendo i singoli aumenti corrispondere alla valutazione della gravità degli episodi in continuazione».
  • Ricostruite le coordinate ermeneutiche entro le quali operare, le Sezioni Unite, riassunti i due orientamenti in contrasto, hanno aderito al primo di essi, «in quanto più rispettoso dell'idea ispiratrice della natura "processuale ad effetti sostanziali" della diminuzione di pena prevista, in un'ottica premiale, per il rito abbreviato, nonché della visione "multifocale" del reato continuato, guidata necessariamente dal principio del favor rei nell'individuare la disciplina - ora unitaria ora pluralistica - da applicare nelle diverse ipotesi di interazione tra l'art. 81, comma 2, c.p. ed altri istituti».
  • La Corte ha rilevato che già Cass. pen., sez. un., 17 dicembre 2020, dep. 2021, n. 7578 aveva sottolineato il «carattere cogente, categorico, tassativo e inderogabile della riduzione per la diminuente del rito abbreviato, nella nuova misura stabilita dalla legge per i reati contravvenzionali», giungendo a ritenerla inderogabile «pur quando la pena irrogata dal giudice di primo grado sia inferiore al minimo edittale»; analogo principio deve valere nel caso di specie: «la visione multifocale, che costituisce la necessaria lente funzionale attraverso la quale leggere l'istituto del reato continuato, e percepire il suo carattere imprescindibilmente "di favore" per l'imputato, deve essere ribadita: essa muove dalla tendenziale autonomia dei reati che compongono la continuazione criminosa, ispirata dalla necessità di giungere al risultato più favorevole, mentre l'unitarietà va applicata se espressamente prevista o se conduce, eventualmente, al medesimo risultato di maggiore convenienza sanzionatoria per l'imputato. Il carattere flessibile dell'istituto del reato continuato si configura come un indicatore della sua natura più profonda e riflette il suo doppio volto, unitario o pluralistico, in funzione del favor rei. L'unitarietà del reato continuato, dunque, non è il fine ma il mezzo; essa si flette e si modella secondo un unico formante: il principio del favor rei che equivale, in concreto, alla scelta della soluzione che consenta di giungere al risultato più favorevole».
  • L'applicazione di questi generali principi alla questione controversa conduce al risultato interpretativo patrocinato dalla prevalente giurisprudenza di legittimità: ed invero, per un verso «non si ravvisa nell'ordinamento un precetto o un principio che imponga di applicare la diminuente seguendo una logica unitaria, mentre il legislatore prevede la disgiunta e differente misura di essa per delitti e contravvenzioni, che è anche la scelta che garantisce il trattamento sanzionatorio meno afflittivo»; per altro verso, la differente misura della riduzione premiale prevista dal legislatore «corrisponde e fa eco» alla valutazione autonoma del disvalore di ciascuno dei reati avvinti dalla continuazione: «se si vuoi rispettare pienamente l'autonomia logica delle singole componenti del reato continuato - ma, prima ancora, la scelta valoriale operata dal legislatore con la differenziazione della risposta sanzionatoria per delitti e contravvenzioni, anche sotto il profilo della riduzione automatica premiale abbinata all'opzione del rito abbreviato - la valutazione legislativa di maggior incidenza della diminuente prevista per i reati contravvenzionali dalla disposizione del secondo comma dell'art. 442 c.p.p., come modificato dalla legge n. 103 del 2017, non può essere cancellata da un'applicazione della disciplina del reato continuato che travolga i principi generali di scissione della continuazione quando questa determini effetti sfavorevoli per l'imputato», dovendosi ritenere che il criterio di considerazione unitaria del reato continuato può trovare applicazione in senso sfavorevole all'imputato solo in presenza di una espressa previsione legislativa, che nel caso di specie manca.
  • In conclusione, «dal momento che la diminuente è disposizione processuale dagli effetti sostanziali, in quanto incidente sul trattamento sanzionatorio in concreto inflitto, la metodologia del calcolo della pena del reato continuato da privilegiare è quella che adegua gli effetti del trattamento sanzionatorio alle indicazioni del legislatore, con le quali, a monte ed in astratto, si è operata una valutazione di ridotta risposta sanzionatoria nei riguardi di chi si renda autore di un reato contravvenzionale e scelga il rito abbreviato. Si può, pertanto, affermare che, in caso di riconoscimento della continuazione tra delitti e contravvenzioni, l'applicazione di distinte diminuzioni di pena nell'ipotesi di giudizio abbreviato consente di conservare l'incidenza sulla pena complessiva del disvalore astratto di ciascuna tipologia di reato e, al contempo, di attribuire a tale disvalore valenza concreta nella determinazione del trattamento sanzionatorio».
  • La questione controversa è stata, dunque, risolta affermando il seguente principio di diritto: «Nel caso di delitti e contravvenzioni posti in continuazione e oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione per il rito ai sensi dell'art. 442, comma 2, c.p.p., come novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, va operata, sulla pena inflitta per i delitti, nella misura di un terzo e, sulla pena applicata per le contravvenzioni, nella misura della metà»; ciò comporta che, nel caso in cui il delitto base sia punito con pena congiunta e la contravvenzione satellite con la sola pena detentiva, «si deve anzitutto determinare la pena base in concreto secondo le ordinarie regole. Quindi, si procederà a individuare la pena del reato satellite a titolo di aumento per la continuazione; successivamente, tale aumento e la sanzione del delitto base saranno ridotti per il rito: il primo della metà e la seconda di un terzo; infine, all'esito di tale calcolo, le pene così ottenute dovranno essere sommate per dar luogo alla sanzione finale».
  • Le Sezioni Unite hanno, altresì, chiarito che la pena che il giudice del merito abbia determinato operando – in ossequio all'orientamento minoritario oggi sconfessato dalla sentenza in commento – un'unica complessiva diminuzione della pena di un terzo, è illegittima, ma non illegale.
  • Ed invero, l'illegalità sussiste quando la pena inflitta non corrisponde, per specie ovvero per quantità, a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in contestazione, così collocandosi - qualitativamente (genere e specie) o quantitativamente (minimo e massimo edittali) - al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal legislatore, ovvero quando la pena è stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una cornice edittale inapplicabile, perché dichiarata costituzionalmente illegittima o individuata in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole: «solo la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantità, dall'ordinamento, sovverte le valutazioni valoriali riservate al legislatore e travolge il caposaldo della prevedibilità della sanzione, presupposto essenziale di una responsabilità penale che voglia farsi rispettosa del principio di colpevolezza e corrispondere all'art. 7 CEDU».
  • Ogni altra violazione delle regole che governano la determinazione della pena «configura, invece, un errato esercizio del potere commisurativo e dà luogo ad una pena illegittima, perché determinata sulla base della errata applicazione della legge o perché non giustificata secondo il modello argomentativo normativamente previsto»: ne consegue che è illegittima, ma non illegale la pena determinata sulla base di una erronea applicazione della diminuente prevista dall'art. 442 comma 2 c.p.p., sempre che essa si attesti entro la cornice delineata dai limiti edittali previsti per la fattispecie di reato, e, dunque, corrisponda per genere, specie e quantità a quella stabilita dalla disposizione incriminatrice.
  • Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno enunciando il seguente ulteriore principio di diritto: «In tema di giudizio abbreviato, in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, l'erronea determinazione unitaria, nella misura di un terzo, della diminuente prevista dall'art. 442, comma 2, c.p.p., piuttosto che in maniera distinta con riduzione della metà per le contravvenzioni, integra un'ipotesi di pena illegittima e non di pena illegale, sempre che la sanzione inflitta rientri nei limiti edittali».

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