La rincoduzione a congruità dei contratti di locazione ad uso abitativo

19 Giugno 2025

Il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla “riconduzione a congruità”. Ai fini del canone dovuto nell'ipotesi suddetta, quindi la richiesta di riconduzione dopo il 1° gennaio 2016, il giudice non deve eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato.

Il caso

Tizio aveva concesso a Caio un immobile in locazione, senza registrazione, al canone liberamente concordato e con durata prevista di quattro anni. Premesso ciò, Caio aveva chiesto la giudice di aver diritto alla restituzione della differenza tra il canone complessivamente pagato e quello previsto dall'art. 13, commi 5 e 6, della l. n. 431/1998, per l'ipotesi della locazione di fatto e della mancata registrazione. Tizio, a sua volta, pur sostenendo la nullità del contratto, chiedeva la determinazione del canone per indennità di occupazione e il rimborso delle spese condominiali. Inoltre, chiamava in causa Sempronio, allegando di avergli venduto l'immobile, chiedendo di essere da questo tenuto indenne se la domanda attorea fosse stata accolta. Nei giudizi di merito, i giudici rigettavano la domanda attorea, ritenendo il contratto nullo in quanto mai registrato e, di conseguenza, la condanna di Caio all'indennità di occupazione e al rilascio dell'immobile. Per tali ragioni, Caio propose ricorso in Cassazione eccependo che i giudici di merito non avevano considerato la portata e la ratio della normativa, rendendo priva di conseguenze la violazione, da parte del locatore, dell'obbligo di registrazione del contratto.

Questioni preliminari: aspetti temporali e normativi

È stato chiesto alla Suprema Corte di stabilire la fondatezza della pretesa del conduttore di ottenere la restituzione della differenza tra il canone pattuito e versato in virtù d'un contratto scritto ma non registrato, ed il canone previsto dall'art. 13, commi 5 e 6, della l. n. 431/1998.

Applicazione della l. n. 311/2004

Ebbene, secondo la Cassazione, da una prima lettura della vicenda, il contratto non era nullo: esso, infatti, fu stipulato ad aprile del 2004, e cioè prima dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311/2004, avvenuta il 1° gennaio 2005. Difatti, in applicazione di questa norma, la nullità dei contratti di locazione non registrati “si applica solo ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore delle citate norme, giusta il principio tempus regit actum, non derogato da alcune speciale disposizione transitoria”.

Applicazione della l. n. 208/2005

Tuttavia, osserva la Suprema Corte, che anche i contratti sottratti ratione temporis alla sanzione della nullità per omessa registrazione possono essere soggetti all'istituto della “riconduzione a congruità”, a partire dall'entrata in vigore della l. n. 208/2015. Invero, tra il 1° gennaio 2005 (data di entrata in vigore della comminatoria di nullità per mancata registrazione) ed il 31 dicembre 2015 (data di entrata in vigore della l. 208/2015), il Legislatore non dettava una particolare disciplina per l'ipotesi di nullità d'un contratto che fosse stato concluso per iscritto, a canone libero, non simulato, e che, tuttavia, non fosse stato registrato. L'omessa registrazione, naturalmente, rilevava solo sul piano fiscale. Alla luce di questa prima ricostruzione, nel periodo di tempo compreso tra la stipula del contratto (2004) ed il 1° gennaio 2016, pertanto, il ricorso del conduttore era infondato, in quanto in quell'arco di tempo la legge non prevedeva la “riconduzione a congruità” dei contratti scritti, a canone libero, non simulati ma non registrati. Premesso ciò, per i fini che qui interessano, non vengono in rilievo le disposizioni cui fa riferimento l'attuale comma 5 dell'art. 13 della l. n. 431 del 1998. Invece, la maggiore argomentazione del provvedimento in commento riviene nell'interpretazione e applicazione del comma 6 dell'art. 13 della l. n. 431/1998.

Le diverse ipotesi della nullità

Secondo la Suprema Corte, l'incrocio tra le varie ipotesi di nullità previste dall'art. 13, comma 6, l. 431/98, e le due tipologie di contratti previste dall'art. 2 della l. n. 431/1998 (canone libero e concordato) può generare le seguenti ipotesi:

  • Contratto a canone libero. Se il contrato stipulato è stato registrato ma con un canone realmente pattuito che eccede quello simulatamente dichiarato, in tal caso, il patto è nullo ed è dovuto il canone dichiarato.
  • Contratto a canone concordato. Se il contratto stipulato è stato registrato ma con un canone pattuito che eccede quello stabilito dalle associazioni di categoria, in tal caso, il patto è nullo ed è dovuto il canone concordato dalle associazioni di categoria.
  • Contratto scritto non registrato e non simulato. In questi casi il contratto è nullo ed il canone è fissato dal giudice in misura non eccedente quello concordato dalle associazioni di categoria, tanto nel caso di contratto a canone libero, quanto nel caso di contratto a canone concordato; salva l'ipotesi in cui il canone liberamente pattuito fosse inferiore a quello concordato dalle associazioni di categoria.
  • Contratti scritti e non simulati stipulati prima del 1° gennaio 2016. In questi casi, la riconduzione a congruità è invocabile solo a partire dal 1° gennaio 2016.

Il principio di diritto

Alla luce delle considerazioni esposte, la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso in relazione agli aspetti dell'art. 13, comma 6, l. n. 431/1998. Pertanto, il provvedimento è stato cassato con rinvio ad altra Corte territoriale, la quale si uniformerà al seguente principio di diritto: “il contratto di locazione ad uso abitativo a canone libero, scritto e non simulato, ma non registrato, stipulato prima del 1° gennaio 2016, è soggetto alla “riconduzione a congruità” prevista dall'art. 13, comma 6, terzo e quarto periodo, l. 431/98, ma solo a partire dal 1° gennaio 2016. Nell'ipotesi suddetta il giudice, nello stabilire il canone dovuto, non può eccedere la misura concordata dalle associazioni di categoria, ai sensi dell'art. 2, comma 3, l. 431/98, e ciò sia nel caso di contratto stipulato a canone libero, sia nel caso di contratto stipulato a canone concordato”.

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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