Onere della prova circa la consapevolezza o meno della provenienza illegale del veicolo a bordo del quale il passeggero ha subito un danno. La CGUE si è espressa
30 Giugno 2025
Il Tribunale di Lodi con ordinanza del 20 maggio scorso rimetteva alla Core di Giustizia dell'Unione europea la questione interpretativa relativa alla distribuzione dell'onere della prova circa la conoscenza o meno da parte del terzo danneggiato della provenienza furtiva dell'automobile che ha cagionato il sinistro stradale. Ricordiamo brevemente l'accaduto: Il 6 gennaio 2016 Tizia è stata invitata a salire a bordo, come passeggera, di un'autovettura di cui il conducente aveva la disponibilità. Durante il tragitto si è verificato un incidente stradale a Lodi (Italia). I due occupanti di tale autovettura hanno dovuto essere trasportati in ospedale, in quanto Tizia aveva subito gravi lesioni fisiche. Dall'ordinanza di rinvio risulta che il conducente è risultato positivo alla cocaina, agli oppiacei e al tetraidrocannabinolo. Inoltre, nella loro relazione, gli agenti della polizia locale hanno accertato che detta autovettura era stata rubata. Di conseguenza, il conducente e Tizia sono stati sottoposti a procedimento penale per il reato di ricettazione. Al termine di tale procedimento, Tizia è stata assolta per non avere commesso il fatto. Nelle more, il conducente è deceduto. Tizia ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale ordinario di Lodi (Italia), giudice del rinvio, nei confronti dell'erede del conducente e la compagnia designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, per ottenere il risarcimento del danno patito in conseguenza del sinistro in cui era rimasta coinvolta. Nella causa C‑370/24 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, si è espressa sulle seguenti questioni pregiudiziali interpretative:
Con le questioni pregiudiziali il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se l'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2009/103 debba essere interpretato, da un lato, nel senso che spetta all'organismo di cui all'articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva dimostrare, al fine di liberarsi dal proprio obbligo di risarcimento, che, in caso di incidente stradale, la persona lesa che di sua spontanea volontà aveva preso posto nel veicolo che ha causato il danno, sapeva che quest'ultimo era stato rubato e, dall'altro, che esso osta a una giurisprudenza nazionale che interpreta la normativa nazionale nel senso che, in una situazione del genere, spetta a tale persona, per poter ottenere il risarcimento del danno subito, dimostrare che non era a conoscenza del fatto che tale veicolo era stato rubato. I Giudici sovrannazionali ricordano che l'articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103 impone a ogni Stato membro di adottare tutte le misure appropriate affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un'assicurazione. A tal riguardo ciascuno Stato membro, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2009/103, istituisce o autorizza un organismo incaricato di risarcire, almeno entro i limiti dell'obbligo di assicurazione, i danni alle cose o alle persone causati da un veicolo non identificato o per il quale non vi è stato adempimento dell'obbligo di assicurazione a norma dell'articolo 3 di tale direttiva. Nel caso di veicoli rubati o ottenuti con la violenza, gli Stati membri - secondo l'articolo 13, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2009/103 - possono prevedere che l'organismo incaricato al risarcimento intervenga in luogo e vece dell'assicuratore. Nel caso di specie, dall'ordinanza di rinvio si evince che lo Stato italiano ha optato per l'intervento dell'organismo di cui all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2009/103 in caso di danni causati da veicoli messi in circolazione contro la volontà del loro proprietario. Ebbene, qualora uno Stato membro abbia optato per l'intervento di tale organismo in caso di danni causati da veicoli rubati, tale organismo è tenuto, a norma dell'articolo 13, paragrafo 2, di tale direttiva, in particolare, a rispettare le condizioni previste all'articolo 13, paragrafo 1, della medesima. Al riguardo, sottolinea la Corte una compagnia di assicurazioni che copre la responsabilità civile autoveicoli non può rifiutarsi di risarcire i terzi vittime di un sinistro causato da un veicolo assicurato, avvalendosi di disposizioni legali o di clausole contrattuali contenute in una polizza di assicurazione che escludano dalla copertura, da parte dell’assicurazione della responsabilità civile autoveicoli, i danni causati ai terzi vittime a causa dell’utilizzo o della guida del veicolo assicurato da parte di persone non autorizzate a guidarlo, di persone non titolari di una patente di guida o di persone che non si sono conformate agli obblighi di legge di ordine tecnico concernenti le condizioni e la sicurezza di detto veicolo. I Giudici concludono dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità, deve essere interpretato nel senso che: da un lato, spetta all’organismo di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva dimostrare, al fine di liberarsi dal proprio obbligo di risarcimento, che, in caso di incidente stradale, la persona lesa che di sua spontanea volontà aveva preso posto nel veicolo che ha causato il danno sapeva che quest’ultimo era stato rubato e, dall’altro, esso osta a una giurisprudenza nazionale che interpreta la normativa nazionale nel senso che, in una situazione del genere, spetta a tale persona, per poter ottenere il risarcimento del danno subito, dimostrare che non era a conoscenza del fatto che tale veicolo era stato rubato. |