Il pacchetto sicurezza e i piccoli ritocchi apportati al codice di rito penale

02 Luglio 2025

La legge n. 80/2025 ha convertito, senza modificazioni, il d.l. n. 48/2025, noto come "Decreto Sicurezza", entrato in vigore il 12 aprile 2025. Com'è noto si tratta di un intervento normativo significativo nel panorama della sicurezza e della giustizia che, nell'ambito delle molteplici previsioni, introduce alcune minime novità di carattere processuale.

Le misure cautelari

Lasciate sullo sfondo le molteplici questioni legate alla possibile operatività delle misure precautelari, cautelari e ogni meccanismo fondato sui diversi limiti edittali di pena, non sempre irrisori, unitamente alle molteplici previsioni di circostanze aggravanti stabilite per le esistenti o le nuove fattispecie di reato introdotte dalla legge, fra le previsioni più strettamente processuali previste dal testo il rinvio va, in primo luogo, agli interventi operati in sede cautelare a seguito della modifica subita dagli artt. 146 e 147 c.p. In linea con l'abrogazione del rinvio obbligatorio previsto dall'art. 146 c.p. - che fino ad oggi garantiva la sospensione automatica della pena per donne in gravidanza e madri con prole inferiore a un anno - e la riforma che ha investito l'art. 147 c.p., prevedendo la possibilità, su valutazione del giudice, di rinviare l'esecuzione della pena per donne incinte e madri di figli fino a tre anni, e che qualora non venga disposto il rinvio, l'esecuzione della pena deve svolgersi presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri e si dispone che l'esecuzione non sia rinviabile, ove sussista il rischio, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti, sono state, infatti, introdotte alcune previsioni in sede cautelare. Gli interventi apportati, in un'ottica di “bilanciamento” a cui il sistema deve rispondere,  hanno comportato, in primo luogo, l'introduzione del nuovo art. 276-bis c.p.p. che disciplina la risposta a comportamenti pericolosi o tentativi di evasione da parte di detenute ospitate in istituti a custodia attenuata, prevedendo la custodia in carcere senza la prole, salvo eccezioni motivate dal superiore interesse del minore, nel qual caso sarà disposta la misura presso un istituto dotato del reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessaria. Nel caso in cui la prole non sia condotta in carcere, il provvedimento è comunicato ai servizi sociali del comune nel quale si trova il minore. In secondo luogo, l'art. 285-bis c.p.p. è stato aggiornato stabilendo che Se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia donna incinta o madre di prole di età inferiore a un anno, la custodia può essere disposta esclusivamente presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Completano il quadro le modifiche agli artt. 386, comma 4 e 558 c.p.p.: vengono introdotte delle previsioni rivolte alle donne incinte e alle madri di bambini di età inferiore ad un anno stabilendo che la loro messa a disposizione del P.M. avvenga attraverso la conduzione presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri, evitando il carcere e gli altri luoghi di custodia diversi da esso. Analoghe disposizioni sono previste per il giudizio direttissimo in caso di mancanza o indisponibilità di luoghi per gli arresti domiciliari. Al coordinamento non poteva rimanere, poi, estraneo l'art. 678 comma 1-bis c.p.p.

Infine, per verificare l'attuazione delle misure cautelari e dell'esecuzione delle pene non pecuniarie nei confronti delle donne incinte e delle madri di prole di età inferiore a tre anni s'impegna il Governo a presentare annualmente, entro il 31 ottobre di ogni anno, una relazione alle Camere.

Si tratta, come si comprende, di un articolato intervento che affronta il delicato e sempre attuale aspetto della assoggettabilità alla custodia carceraria per le donne in stato di gravidanze e per le donne con figli in tenera età, distinguendo - in tale ultimo caso - le donne con prole di età inferiore ad un anno, dalle altre, facendo ricorso alle c.d. ICAM.

Le misure pre-cautelari

Un secondo profilo attiene all'incremento dei casi di arresto obbligatorio e differito. Alle ipotesi previste dall'art. 380 c.p.p. si aggiunge il caso della truffa in situazioni di minorata difesa: in linea con la modifica  del reato di truffa previsto all'art. 640 c.p. in cui è stato soppresso il numero 2-bis del comma 2, concernente l'aggravante dell'aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, di cui all'art. 61 n. 5 c.p. e, contestualmente, la relativa circostanza concernente la minorata difesa è stata ricollocata nel nuovo comma 3 , recante una specifica ipotesi di truffa aggravata che si sostanzia nella condotta già prevista dal numero 2-bis, alla quale viene attribuito autonomo rilievo , nonché un corrispondente  inasprimento  del relativo trattamento  sanzionatorio ( reclusione da 2 a 6 anni e la multa da euro 700 a euro 3.000 che, grazie alla modifica recata all'ultimo comma, risulta procedibile d'ufficio), il comma 2 dell'art. 380 c.p.p. prevede ora l'ammissibilità della misura pre-cautelare obbligatoria per  il delitto di truffa, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 640, comma 3 c.p. (cd. truffa agli anziani) .

Quanto, invece, all'arresto in flagranza differita tale nuova fattispecie è ammessa per il reato di cui all'art. 583-quater c.p.  Segnatamente si prevede una tale possibilità quando il fatto è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. A proposito dell'arresto in flagranza, va peraltro precisato, è obbligatorio solo nell'ipotesi del comma 2 dell'art. 583-quater (medici): l'art. 380, lett. a-ter c.p.p., introdotto dal d.l. 1.10.2024, n. 137 ha previsto la possibilità che tale meccanismo operi in relazione alle aggressioni ai ‘medici'. nell'art. 382-bis, comma 1-bis c.p.p., la possibilità dell'arresto in flagranza differita.

La procedura accelerata per il reintegro nel possesso dell'immobile arbitrariamente occupato

Sicuramente fra le più significative novità rientra la nuova previsione dell'art. 321-bis c.p.p. rubricato «Reintegrazione nel possesso dell'immobile». La nuova disposizione processuale si raccorda alla figura incriminatrice di nuovo conio dell'occupazione arbitraria degli immobili prevista all'art. 634-bis c.p.

La nuova disposizione processuale prevede, innanzitutto, che il giudice competente, individuato nel giudice per le indagini preliminari «prima dell'esercizio dell'azione penale» – su richiesta del pubblico ministero disponga con decreto motivato la reintegrazione nel possesso dell'immobile oggetto di occupazione arbitraria ai sensi dell'art. 634-bis c.p.

Invero, se l'immobile occupato corrisponde all'unica abitazione effettiva del «denunciante», ergo, querelante, gli ufficiali di polizia giudiziaria che ricevono la querela, dopo i primi accertamenti volti all'accertamento della sussistenza dell'arbitrarietà dell'occupazione, si recano, senza ritardo, presso l'immobile del quale il querelante-proprietario dichiara di essere stato spossessato, per svolgere le necessarie attività di polizia giudiziaria. Qualora dovessero sussistere fondati motivi per ritenere l'arbitrarietà dell'occupazione, gli ufficiali di polizia giudiziaria ordinano all'occupante l'immediato rilascio dell'immobile e contestualmente reintegrano il denunciante nel possesso. Quando venga opposto un diniego all'accesso, resistenza o il rifiuto di eseguire l'ordine di rilascio o assenza dell'occupante, i predetti ufficiali di polizia giudiziaria, ove sussistano fondati motivi per ritenere l'arbitrarietà dell'occupazione, dispongono coattivamente il rilascio dell'immobile e reintegrano il denunciante nel possesso, previa autorizzazione del pubblico ministero. Tale autorizzazione deve essere scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, ovvero resa per via telematica».

Delle attività condotte viene redatto un apposito verbale nel quale vanno riportate le diverse attività. Una copia del verbale verrà consegnata alla persona destinataria dell'ordine di rilascio. L'atto deve, poi, essere trasmesso, nelle quarantotto ore successive, al pubblico ministero del luogo in cui la reintegrazione del possesso è avvenuta: se il pubblico ministero non dispone la restituzione dell'immobile al destinatario dell'ordine di rilascio, chiede al giudice la convalida e l'emissione di un decreto di reintegrazione nel possesso entro quarantotto ore dalla ricezione del verbale.

Nel caso di inosservanza dei termini previsti, ovvero nei casi in cui il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta, la reintegrazione nel possesso perde efficacia. Infine, si prevede che copia dell'ordinanza e del decreto di reintegrazione nel possesso debba essere immediatamente notificata all'occupante.

Come si comprende la nuova disciplina si caratterizza per l'ampia discrezionalità tecnico-operativa affidata, in prima battuta, alla polizia giudiziaria. Si evidenzia, al riguardo, l'assenza della tipica previsione di un intervento in via di urgenza del P.M. e che l'intervento del pubblico ministero e del giudice, previsto al primo comma, possa avvenire anche laddove l'immobile non sia l'«unica abitazione del denunciante», essendo necessario e sufficiente che si tratti di un immobile adibito a domicilio, non distinguendosi tra abitazione principale o secondaria. La nuova e più celere modalità di reintegrazione nel possesso (decisione del giudice penale su richiesta del pubblico ministero) si affianca alle procedure civilistiche, in particolare dall'art. 703 c.p.c.; sul punto è stato segnalato che la coesistenza dei due rimedi potrebbe, determinare una sorta di attrazione in sede penale di vicende tipicamente oggetto della cognizione e dell'esecuzione civile o, comunque, potrebbe generare delle forme di interferenza (ed eventuali contrasti di decisione) tra le azioni esperite in sede civile e le misure adottate o adottabili in sede penale.

L'attivazione della polizia giudiziaria ai sensi dei commi da 2 a 6 dell'art. 321-bis c.p.p. riposa sul parametro che l'immobile sia l'«unica abitazione del denunciante»; in tal caso la polizia giudiziaria dovrà attivarsi d'iniziativa e «senza ritardo» per soddisfare le esigenze della persona offesa (querelante) a recuperare la disponibilità dell'immobile. Come si comprende la polizia giudiziaria dovrà, in questa fase, operare il rilascio coattivo di urgenza, dovrà accertare che l'immobile occupato sia effettivamente l'«unica abitazione del denunciante» e che l'occupazione sia, altresì, «arbitraria», con una delicata attività di indagine, di cui dovrà dettagliatamente essere informato il pubblico ministero al fine di ottenere da questi l'autorizzazione a procedere al rilascio e alla reintegrazione del denunciante nel possesso dell'immobile. Non molto chiaro appare, peraltro, riferimento alla «arbitrarietà» della occupazione, indicato ai commi 2, 3 e 4 del nuovo art. 321-bis c.p.p., agli effetti del quale gli ufficiali di polizia giudiziaria, per procedere al rilascio dell'immobile, devono accertare la sussistenza di «fondati motivi per ritenere l'arbitrarietà della occupazione».

Indubbiamente la polizia non potrà non svolgere accertamenti circa la sussistenza del fumus degli elementi del reato di cui all'art. 634-bis c.p.: il richiamato concetto di arbitrarietà della occupazione, che costituisce un requisito anche della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 633 c.p., in questo ambito procedurale dovrà essere necessariamente parametrato alla sussistenza degli elementi costitutivi dell'art. 634-bis c.p. e, quindi, in primis alla verifica della integrazione di una condotta di violenza e/o minaccia che qualifica l'occupazione illegale.

Collocato nel titolo II del libro IV del nostro codice di procedura penale, riguardante le misure cautelari reali, l'istituto si colloca appieno nell'ambito del genus del sequestro preventivo per cui, salva ogni diversa previsione o l'incompatibilità con la natura della nuova procedura, devono qui intendersi richiamate le previsioni che regolano l'istituto in generale, fra cui le disposizioni che regolano l'impugnabilità.

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