Gli aspetti critici della classificazione delle tipologie delle locazioni
Consideriamo ora gli aspetti critici della classificazione delle locazioni secondo le tipologie che sopra si sono disegnate. Al proposito, dobbiamo richiamare molte delle osservazioni che avevamo avuto occasione di formulare nel passato relativamente ai precedenti rapporti immobiliari dell'Agenzia.
4.1. Un primo profilo critico delle risultanze del rapporto deriva dal fatto che le tipologie dei contratti di locazione utilizzate sono lontane dalla realtà delle definizioni giuridiche delle diverse ipotesi di locazione.
Avevamo già dovuto formulare questa osservazione analizzando i rapporti relativi ai dati emersi negli anni 2018, 2022 e 2023: il rilievo va però richiamato anche con riguardo a quanto è detto nella relazione qui in considerazione.
Deve infatti essere notato che - soprattutto con riguardo all'aspetto della durata del contratto - le definizioni delle quattro fattispecie individuate non corrispondono affatto alle previsioni delle norme dettate per le locazioni abitative dalla l. n. 431/1998 (la legge che disciplina in via generale le locazioni abitative) e dal d.m. 16 gennaio 2017 (il decreto che detta le regole attualmente vigenti per le locazioni abitative agevolate, transitorie e per studenti universitari).
Vi è da dire che le quattro fattispecie sopra indicate sono state individuate dall'Agenzia delle Entrate oramai da diversi anni e sono state mantenute in tutti i rapporti che sono stati presentati dall'Agenzia anno dopo anno: ciò in considerazione del fatto che l'utilizzo delle medesime fattispecie consente di effettuare il confronto tra i dati rilevati nei diversi anni e di cercare di ricavarne indicazioni di tendenza.
È chiaro, però, che l'utilizzo di fattispecie che non corrispondono né alle previsioni normative né alla prassi dei contratti di locazione stipulati dalle parti rende incerta la stessa utilità dell'operazione.
4.2. Va fatto, poi, cenno ad un profilo dell'indagine in esame che concerne la durata del contratto.
Fino all'anno scorso, il rapporto immobiliare delle Entrate non teneva conto delle locazioni aventi durata inferiore all'anno: ciò perché le locazioni di questa durata venivano definite nei precedenti rapporti dell'Agenzia - sulla base di un'opinione che però non era corretta - quali “locazioni brevi” e ne veniva escluso il richiamo alla luce della considerazione che i contratti di locazione breve non sono soggetti a registrazione sì che i dati ad essi relativi non sarebbero stati disponibili (si trattava però di un evidente errore dal momento che solo i contratti di locazione di durata inferiore ai 31 giorni non sono soggetti a registrazione, mentre tutti i contratti di durata eccedente i 30 giorni devono essere registrati).
Sta di fatto che a fare inizio da quest'anno l'indagine è stata estesa alle locazioni dalla durata inferiore all'anno, restando comunque ad essa estranee le locazioni dalla durata inferiore ai 31 giorni (e cioè le locazioni che effettivamente corrispondono alla definizione di locazione breve dettata dal d.l. n. 50/2017).
Ne deriva che l'odierna indagine si presenta parzialmente diversa dal passato quanto alla sua portata ed al suo significato (da sottolineare che la diversità ha rilievo soprattutto con riguardo alla tipologia delle locazioni per gli studenti universitari, per la quale è assai frequente il ricorso alla durata inferiore all'anno, oltre che con riguardo alla tipologia delle locazioni transitorie).
4.3. Consideriamo ora le questioni che si pongono quanto a ciascuna delle quattro tipologie di locazione individuate dal rapporto.
La prima delle definizioni indicate è quella del contratto ORD_T: ORDINARIO TRANSITORIO per la quale la descrizione che viene proposta è la seguente: “contratti non agevolati con durata inferiore a 3 anni”.
Nel rapporto 2024, la definizione di questa tipologia era invece: “Contratti non agevolati con durata da 1 anno e inferiore a 3 anni”.
Come appariva evidente, la definizione utilizzata nel passato era certamente inadeguata dal momento che restavano escluse le locazioni transitorie di durata inferiore all'anno (le quali peraltro costituiscono certamente una parte assai importante di questo segmento di locazioni).
Oggi vengono, invece, considerati anche i contratti aventi durata inferiore ad un anno: è così posto rimedio all'incongruenza indicata.
Se sotto questo profilo, un aspetto critico della definizione della tipologia in questione viene meno, resta però presente ancora oggi nella definizione adottata l'incongruenza che deriva dall'indicazione dei tre anni quale limite massimo della durata. L'indicazione contrasta infatti con la regola per cui la locazione transitoria (sulla base dell'espressa disposizione in materia del d.m. 16 gennaio 2017) può avere al massimo la durata di 18 mesi. Non si comprende in base a quale ragionamento nel rapporto in esame sia individuata invece una durata massima di 3 anni.
A questo rilievo, deve aggiungersi un'ulteriore osservazione. La definizione che stiamo considerando è incentrata sulla natura del contratto considerato quale contratto “non agevolato”: ma questa affermazione sembra ignorare il fatto che di norma nei Comuni con più di 10.000 abitanti il contratto di locazione transitoria può (anzi: deve) essere contratto il cui canone rispetti le fasce fissate per il contratto agevolato (v. comma 2 dell'art. 2 del d.m. 16 gennaio 2017) e rientri, pertanto, nel novero delle locazioni fiscalmente agevolate.
Va infine notato - come già era stato notato con riguardo ai precedenti rapporti immobiliari - che per questa tipologia di contratto viene detto, nella descrizione della fattispecie, che “in tale insieme potrebbero ricadere contratti a studenti laddove l'immobile non fosse ubicato in comuni ad alta tensione abitativa”: affermazione che appare oscura alla luce della considerazione che anche nei Comuni ad alta tensione abitativa non è escluso che un contratto di locazione transitoria possa essere utilizzato per la locazione a studenti (anzi: quella indicata è proprio l'ipotesi alla quale normalmente si fa ricorso nei casi in cui tra i conduttori siano presenti, oltre a studenti, anche soggetti che non siano studenti). Del resto tra le ipotesi di esigenze che di norma giustificano la transitorietà della locazione (esigenze che nelle diverse realtà locali sono individuate attraverso gli accordi territoriali tra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dell'inquilinato) vi è anche l'esigenza collegata allo studio.
Anche la definizione di contratto “ORD_L: ORDINARIO LUNGO PERIODO”
Definizione che, in base a quanto è detto nel documento che stiamo esaminando, dovrebbe corrispondere a quella dei “contratti non agevolati con durata a partire da 3 anni” - appare incongrua.
Come noto, il contratto non agevolato (il c.d. contratto “libero”) deve avere per legge (art. 2, comma 1, l. n. 431/1998) una durata minima di 4 anni: che senso ha, dunque, prendere in considerazione per questi contratti una durata di 3 anni (o comunque prendere in considerazione l'ipotesi di contratti di durata inferiore ai 4 anni)?
Si aggiunga, poi, che non è chiaro il significato della precisazione presente nel documento in esame secondo cui “in tale insieme potrebbero ricadere contratti a canone concordato laddove l'immobile non fosse ubicato in comuni ad alta tensione abitativa”: l'affermazione sembra ignorare che è certo che i contratti di cui al comma 3 dell'art. 2 della l. n. 431/1998 (i contratti “a canone concordato”) possono essere stipulati anche in Comuni che non siano Comuni ad alta tensione abitativa.
La terza ipotesi considerata è quella definita AGE_S: AGEVOLATO STUDENTI
La definizione che viene fornita dal rapporto è la seguente: “Contratti agevolati con durata inferiore a 3 anni”.
Da notare che nel rapporto precedente la definizione che veniva data era invece la seguente: “Contratti agevolati con durata maggiore di 1 anno e inferiore a 3 anni”.
Come si vede, nella definizione fornita dal rapporto odierno viene meno il limite costituito dalla durata non inferiore a un anno. Si tratta della conseguenza dell'iniziativa della quale abbiamo già detto per la quale anche le locazioni con durata inferiore all'anno sono ora prese in considerazione dal rapporto.
Da segnalare che la durata pari o inferiore all'anno per queste locazioni è durata ampiamente diffusa: rispetto a questa tipologia di locazione pertanto il mutamento indicato ha avuto grande rilievo (ciò del resto emerge con chiarezza dalla considerevole differenza tra il numero delle locazioni di questa tipologia che è presente nei dati del rapporto dell'anno 2023 ed il numero presente nell'anno 2024: si è passati da 46.419 e 66.426 contratti, con un aumento, da un anno all'altro, di quasi il 50%!).
Quanto agli altri aspetti, la definizione della tipologia di locazione in esame e l'avvertenza che viene fornita in argomento nel rapporto sono oggi le medesime che nel passato.
Resta così presente nella definizione che viene fornita l'incongruenza derivante dal fatto che non sono compresi nel segmento delle locazioni in esame i contratti aventi una durata di 3 anni (la descrizione della fattispecie fa riferimento infatti ai soli contratti di durata “inferiore a 3 anni”: e dunque non pari ma soltanto inferiore ai 3 anni): il che appare davvero incomprensibile.
È poi aggiunta, nel testo del rapporto, la precisazione che “a questo insieme di contratti si ipotizza appartenga il mercato degli affitti di natura agevolata per studenti relativo ad abitazioni ubicate in comuni ad alta tensione abitativa”. La precisazione è poco chiara: non si comprende perché nel caso vengano esclusi i contratti per studenti relativi ad immobili che siano ubicati in Comuni che non siano ad alta tensione abitativa, nei quali è invece certo che possono essere stipulati contratti di locazione per studenti (da ricordare poi che - oltre a tutto - i contratti di locazione per studenti universitari, in base a quanto dispone l'art. 3 del d.m. 16 gennaio 2017, possono avere ad oggetto non soltanto immobili siti nei Comuni che siano sede dell'università, ma anche immobili siti in Comuni “limitrofi” a questi).
Infine, vi è l'ipotesi del contratto “agevolato concordato” (AGE_C), che corrisponde - è detto nel testo in esame - alla fattispecie dei “contratti agevolati con durata a partire da 3 anni”.
Al riguardo viene precisato che “a questo insieme di contratti si ipotizza appartenga il mercato degli affitti di natura agevolata a canone concordato relativo ad abitazioni ubicate in comuni ad alta tensione abitativa”: il che appare - ancora una volta - contraddittorio ed errato dal momento che è pacifico che anche nei Comuni che non siano ad alta tensione abitativa possono stipularsi contratti agevolati di cui al comma 3 dell'art. 2 della l. n. 431/1998.