Fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito degli appalti leggeri: l’eventuale illeceità dell’appalto preclude la detrazione dell’IVA?

10 Luglio 2025

Nel presente elaborato si intendono analizzare alcuni aspetti relativi alla sempre più frequente contestazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nell’ambito dei cosiddetti appalti leggeri. In particolare, l’analisi si concentra sul rapporto giuridico che deve, secondo la tesi erariale, necessariamente intercorrere tra la validità del contratto di appalto e l’effettiva autonomia organizzativa dell’appaltatore, sul diritto alla detrazione dell’IVA fondato sul principio della neutralità fiscale e sul riparto dell’onere probatorio in presenza di contestazioni sulla reale esecuzione dell’operazione. Nel dettaglio, il focus è posto sul particolare requisito della necessaria alterità tra soggetti coinvolti nell’appalto, alterità intesa quale presupposto per la contestazione di un’operazione inesistente dal punto di vista soggettivo; ciò, al fine di vedere se residuano ambiti applicativi dell’istituto dell’appalto labour intensive compatibili con la contabilizzazione di fatture relative a operazioni commerciali genuine.

Il contratto di appalto leggero: validità, struttura e autonomia organizzativa

L'appalto è il contratto con il quale un committente affida ad un appaltatore il compimento di un'opera o lo svolgimento di un servizio verso un corrispettivo in danaro.

La definizione del contratto di appalto, ricavata espressamente dalla disciplina degli artt. 1655 e ss. c.c., deve integrarsi con il dettato normativo dell'art. 29, d.lgs. n. 276/2003, secondo cui l'appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro per l'organizzazione dei mezzi necessari e per l'assunzione del rischio d'impresa da parte dell'appaltatore: “Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa”.

Se l'appalto, abbiamo detto, è il contratto in cui l'appaltatore fornisce al committente un'opera o un servizio, dunque un “risultato”, da realizzare tramite la propria organizzazione di mezzi e uomini (soprattutto uomini, negli appalti labour intensive), assumendosi il rischio d'impresa, la  somministrazione assume la natura di un “dare”, in cui il somministratore fornisce solo forza lavoro da lui assunta ad un terzo che ne utilizza le prestazioni, adattandole al proprio sistema organizzativo.

L'organizzazione della forza lavoro o dei mezzi è, quindi, un requisito imprescindibile, unitamente al rischio d'impresa, per identificare un appalto genuino: per essere considerato genuino, il contratto di appalto deve quindi garantire una netta autonomia organizzativa in capo al fornitore.

Se, diversamente, quest'ultimo opera come un semplice contenitore di manodopera, mancando di una struttura autonoma e delegando la gestione operativa al committente, il rischio è che l'Agenzia delle Entrate contesti che il rapporto contrattuale mascheri, in realtà, una separazione solo apparente tra l'attività eseguita e quella gestita direttamente dal committente, condizione che inficia, negativamente, sul necessario requisito della reale indipendenza organizzativa.

Secondo la norma citata, peraltro, il requisito dell'organizzazione deve essere valutato in relazione all'opera ed al servizio dedotti nel contratto: in alcuni casi, come riconosce la stessa disposizione dell'art. 29 in esame, l'organizzazione può coincidere addirittura con la sola organizzazione dei mezzi o, in alternativa, della sola forza lavoro.

In ordine alla valutazione di genuinità dell'appalto, la giurisprudenza ha indicato alcuni indici “spia” che l'interprete deve verificare ai fini che qui ci occupano, come la preesistenza dell'appaltatore all'appalto (nel senso cioè che l'impresa appaltatrice non sia stata costituita contestualmente o nell'imminenza della stipula dell'appalto), la pluralità di committenti nel medesimo arco di tempo considerato, la titolarità sostanziale- e non meramente formale- dei rapporti di lavoro di coloro che risultano impiegati nell'appalto, il potere organizzativo sui lavoratori impiegati nell'esecuzione del servizio appaltato, ecc.

È utile rilevare che, negli appalti “labour intensive” o anche “dematerializzati”, gli strumenti e le macchine forniti dall'appaltante non sono elementi di per sé decisivi per la qualificazione del rapporto lavorativo in termini di appalto o interposizione fittizia di manodopera, ben potendo l'appaltatore mettere a disposizione la sua professionalità a prescindere dalla proprietà di macchine ed attrezzature: in questi casi, infatti, si ritiene predominante la mera organizzazione dei dipendenti e della prestazione lavorativa in funzione del risultato previsto rispetto alla titolarità degli strumenti di lavoro. Tra l'altro, in tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro non è sufficiente, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, occorrendo verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto.

Fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti: considerazioni generali

In termini generali, una regolare fattura, conforme ai requisiti richiesti dalla legge, fa presumere la veridicità di quanto in essa rappresentato, costituendo titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell'Iva, spettando poi all'Ufficio, a fronte della sua esibizione, desumere l'insussistenza delle condizioni richieste.

L'art. 19, d.P.R. n. 633/1972 disciplina, in via generale, il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati, individuando un termine iniziale e un termine finale per il relativo esercizio. Alla registrazione della fattura segue il diritto alla detrazione della relativa imposta. Nella liquidazione periodica, dall'imposta a debito addebitata per rivalsa al cliente, viene detratta l'imposta a credito pagata ai fornitori. Il diritto alla detrazione sorge, com'è evidente, in qualsiasi rapporto contrattuale che abbia ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, compreso l'appalto.

Il diritto alla detrazione dell'IVA incontra vigorose limitazioni a fronte della contestazione di operazioni inesistenti. Le operazioni inesistenti prevedono, in termini generali, l'emissione di una fattura dal contenuto e dalla forma regolare ma che, in realtà, rappresenta, sulla “carta”, una realtà diversa da quella commerciale e sottostante: nelle ipotesi di falsità oggettiva l'operazione indicata in fattura non è mai avvenuta; nella falsità soggettiva, invece, l'operazione è stata concretamente posta in essere ma da soggetti diversi rispetti a quelli che risultano dalla fattura stessa.

Il ruolo della necessaria alterità tra soggetti per la configurabilità di operazioni soggettivamente inesistenti: l'eventuale illiceità del contratto di appalto

La prestazione di servizi di cui ad un contratto di appalto, rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 3, decreto Iva, genera l'insorgenza di un credito in capo a colui che riceve la prestazione. Pertanto, per configurare una fattispecie di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti, è imprescindibile che vi sia un elemento di alterità, di terzietà, cioè che sussista un'effettiva separazione tra colui che emette la fattura e chi, in realtà, esegue la prestazione. Diversamente, se questi due ruoli coincidono, cioè se il soggetto che emette la fattura risulta parte integrante dello stesso processo produttivo gestito dal committente, il requisito dell'alterità non sussiste e l'operazione non può essere considerata inesistente da un punto di vista soggettivo.

Della simulazione di contratti di appalto in luogo di contratti di somministrazione di mano d'opera si è recentemente occupata la sentenza n. 16302 del 27 gennaio 2022 della Sezione III Penale della Corte di Cassazione. La pronuncia, dopo aver ricordato che la fittizietà del contratto di appalto è riscontrabile sulla base del fondamentale elemento relativo all'esercizio del potere di direzione e organizzazione da parte del committente e che da tale fittizietà deriva l'inefficacia dell'accordo stipulato tra committente ed appaltatore, ha correttamente rilevato come sia necessaria, al fine di configurare l'ipotesi di operazione soggettivamente inesistente, la compresenza di più soggetti facenti parte dello schema fraudolento, dovendo appunto sussistere l'elemento di alterità tra l'emittente la fattura e il prestatore del servizio: “Peraltro, gli inadempimenti tributari di cooperative e consorzi hanno costituito, viceversa, lo spunto da cui gli inquirenti sono partiti per ricostruire l'adozione, da parte di […] spa, di un modello operativo secondo cui: […] non assumeva i lavoratori di cui necessitava per erogare i propri servizi; dopo essersi aggiudicata le commesse da parte dei principali attori economici nazionali […] erogava la prestazione impiegando la forza lavoro fornita da una serie di altri soggetti, attraverso la stipulazione di contratti che avevano la forma giuridica dell'appalto.

È emerso che, nei confronti di uno dei fornitori di servizi, ossia il […] il rapporto si era articolato con il contenuto concreto di una somministrazione di lavoro da parte delle cooperative finali, che […] si limitava a “schermare”: […], a propria volta, non aveva assunto lavoratori ed era priva dei mezzi necessari ad erogare direttamente la prestazione ma forniva il servizio, formalmente in subappalto, in realtà - nella prospettazione accusatoria convalidata dai giudici cautelari - limitandosi a “filtrare” il rapporto tra […] (che esercitava, attraverso direttive ad […], funzioni proprie del datore di lavoro) e le cooperative di lavoratori”.

Nel rapporto tra appaltatore e committente, quindi, è fondamentale richiamare il cosiddetto concetto di eterodirezione, cioè la presunta influenza diretta del committente sul lavoro svolto dal fornitore: se il fornitore esercita pienamente la propria autonomia organizzativa e opera come un'entità imprenditoriale indipendente, il rapporto contrattuale resta libero da interferenze dirette e il lavoro si svolge in autonomia. Diversamente, può aversi un'ipotesi di illeceità del contratto di appalto, soprattutto nei casi in cui il committente impone modalità operative specifiche o integra il lavoro del fornitore nel proprio processo produttivo; in questo caso, perdendosi la separazione contrattuale di cui sopra, s'integra un campanello d'allarme che può mascherare un'assenza di indipendenza tale da far ipotizzare che l'operazione non si configuri come autonoma, bensì posta in essere nell'ambito di una frode IVA, cioè che si tratti di un'operazione soggettivamente inesistente.

Orbene, il punto che preme evidenziare è questo, e cioè che non è sufficiente, per determinare l'indetraibilità dell'IVA, il solo riscontro di una patologia del rapporto contrattuale d'appalto perché non ogni illecito civile può o deve avere ripercussioni di carattere fiscale; per la configurazione di ipotesi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è necessario un profilo di alterità, cioè di terzietà, che deve sussistere tra i soggetti coinvolti nell'operazione sottostante la fatturazione: il soggetto che emette la fattura deve risultare diverso da colui che effettua la prestazione. Diversamente ragionando, infatti, si potrebbe giungere alla paradossale situazione di rilevanza fiscale di qualsiasi violazione contrattuale.

Tale requisito, quello dell'alterità, come visto ben delineato dalla giurisprudenza richiamata, deve necessariamente sussistere per connotare di illiceità fiscale il rapporto contrattuale: la sua eventuale assenza, dovrà necessariamente impedire la configurazione della fattispecie di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti.

Il riparto dell’onere probatorio e la buona fede del contribuente

Un aspetto centrale nella tematica delle operazioni soggettivamente inesistenti è rappresentato dal riparto dell’onere probatorio e dalla tutela della buona fede del contribuente. Questo, come detto, perché il meccanismo di funzionamento dell’IVA è incentrato sulla detrazione dell’imposta che costituisce perno su cui ruota il tributo.

In termini generali, quando si parla di onere probatorio in materia di operazioni soggettittamente inesistenti si ritiene che l’Agenzia delle Entrate sia onerata di una duplice prova: la prima, relativa all’oggettiva fittizietà del fornitore; la seconda, relativa alla consapevolezza, da parte del destinatario, che l’operazione si inserisca in un’evasione d’imposta. Diversamente, il contribuente è gravato dell’onere di dimostrare di aver impiegato la diligenza esigibile da un operatore accorto, secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in relazione alle circostanze della fattispecie specifica.

Per quanto qui rileva, nell’ambito degli appalti labour intensive, l’Amministrazione finanziaria dovrà indicare degli elementi probatori che vadano oltre la contestazione della genuinità dell’appalto perché, come visto, dovrà sia chiarire che provare l’effettiva divergenza tra il soggetto che ha emesso la fattura e quello che ha materialmente eseguito la prestazione.

Nel caso in cui ciò avvenga, cioè nel caso in cui risulti provato lo schema tipico della frode IVA attuata mediante fatturazione soggettivamente inesistente, il contribuente non può far altro che difendersi provando a dimostrare di aver agito secondo i canoni della normale diligenza commerciale, verificando l’affidabilità della controparte e la corrispondenza tra la realtà operativa e quella documentale. Vero che è che, qualora vi sia la dimostrazione di un’effettiva un’alterità soggettiva tra l’emittente la fattura e chi esegue la prestazione, cioè nei casi in cui il soggetto che emette la fattura non coincida con quello che materialmente esegue la prestazione, si integrerà in pieno il fondamento della contestazione di inesistenza soggettiva, rendendo irrilevante qualsiasi ulteriore valutazione sulla buona fede del contribuente o sulla genuinità dell’appalto sotto altri profili.

In conclusione

In conclusione, ciò che può dirsi è questo, e cioè che, in materia di appalti leggeri, il focus deve essere posto sull’effettiva alterità dei soggetti coinvolti nella fatturazione, non potendo, l’analisi, essere confinata alla sola genuinità dell’appalto: la mancanza di effettiva autonomia organizzativa in capo al fornitore, che è sicuramente l’elemento che qualifica l’appalto come non genuino, si ritiene non poter essere l’unica e sola causa di indetraibilità dell’IVA in capo all’appaltatore, dovendo sussistere uno schema fraudolento che si estenda oltre i confini soggettivi delineati dalla fatturazione tra appaltatore e fornitore.

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