Notifica del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo nel rito del lavoro

17 Luglio 2025

Il tema analizzato è quello della disciplina dei vizi della vocatio in ius nell'ambito dei procedimenti celebrati con il rito del lavoro e, in particolare, dell'opposizione a decreto ingiuntivo. 

Massima

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo a cui si applica il rito del lavoro, la notifica del ricorso senza il decreto di fissazione dell'udienza determina un vizio, attinente alla vocatio in ius, che viene sanato dalla costituzione dell'opposto, il quale ha diritto, eventualmente, alla rimessione in termini per il compimento delle attività processuali dalle quali sia in conseguenza decaduto.

Il caso

Con il primo motivo di ricorso per cassazione il ricorrente contestava la violazione e falsa applicazione degli artt. 156,164,415,645 e 647 c.p.c. e del principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. in quanto il ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo sarebbe stato notificato senza il correlato decreto di fissazione dell'udienza. La Corte di cassazione, pur ritenendo il motivo inammissibile, trattandosi di censura di merito, avendo la Corte territoriale accertato, con giudizio di fatto non adeguatamente contestato, che la relata di notifica in esame era completa e comprensiva anche del decreto de quo, traeva spunto per ribadire alcuni importanti principi giuridici, adattandoli alla peculiarità del caso, avente ad oggetto la notificazione di un ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo nell'ambito di un procedimento da trattarsi con il rito del lavoro, rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 409 c.p.c.

La questione

Il tema analizzato è quello della disciplina dei vizi della vocatio in ius nell'ambito dei procedimenti celebrati con il rito del lavoro e, in particolare, dell'opposizione a decreto ingiuntivo, che origina dall'assenza, nel blocco normativo dedicato alla regolamentazione del processo del lavoro, di una specifica norma, quale quella codificata nell'ambito del processo ordinario di cognizione all'art. 164 c.p.c.

È nota la regola secondo cui, nel caso in cui uno specifico istituto non trovi disciplina positiva nell'ambito del rito laburistico ex artt. 409 e ss. c.p.c., occorre fare residuale applicazione della disciplina codicistica, prevista in via generale o nella parte dedicata al rito ordinario di cognizione, previa verifica della compatibilità della specifica regola con l'impianto e i principi fondamentali del rito del lavoro. 

L'attuale versione dell'art. 164 c.p.c. annette ai vizi afferenti alla vocatio in ius (ovvero l'omessa o incompleta indicazione dell'organo giudiziario o degli elementi identificativi dell'attore e del convenuto) una duplice possibilità di sanatoria: la costituzione in giudizio del convenuto, con effetti sananti, o la rinnovazione della citazione entro il termine perentorio stabilito dal giudice, con effetti della domanda a prodursi sin dalla prima notificazione. Vizi relativi alla fase dell'evocazione in giudizio del soggetto convenuto sono anche quelli che scaturiscono dall'omessa, incompleta o tardiva notificazione dell'atto introduttivo e del decreto di fissazione di udienza, che non consentono al convenuto di conoscere (quantomeno adeguatamente), l'iniziativa giudiziaria o la prima udienza del processo, precludendogli il compiuto esercizio del diritto di difesa.

Il meccanismo di introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel rito del lavoro non differisce da quello che governa la fase introduttiva del tipico processo ex art. 414 c.p.c., ed è regolato dall'art. 415 c.p.c. L'opponente, attore in senso formale ma convenuto in senso sostanziale, sarà tenuto a notificare il ricorso in opposizione, unitamente al decreto di fissazione di udienza adottato dal giudice del lavoro, nel rispetto del termine a difesa di cui all'art. 415 , comma 5, c.p.c.

La specifica questione affrontata nella pronuncia in commento è quella delle eventuali conseguenze della notificazione del solo ricorso ad opera del ricorrente in opposizione, in assenza di notifica del decreto di fissazione di udienza. In tal caso l'opposto non è messo a conoscenza della data della prima udienza ex art. 420 c.p.c. (o dell'udienza di discussione della sola istanza di sospensione ex art. 649 c.p.c., che talvolta viene fissata in via anticipata). Non infrequente è, tuttavia, il caso dell'opposto che, avendo ricevuto il ricorso in opposizione, si faccia parte diligente presso la cancelleria per avere contezza della data dell'udienza di discussione, provvedendo alla costituzione in giudizio, in via tempestiva o tardiva.

Le soluzioni giuridiche

La Corte, nel risolvere la questione delle conseguenze della notifica del ricorso in opposizione privo di decreto di fissazione, cui sia seguita la costituzione della parte opposta, richiama una pronuncia di legittimità (Cass., sez. III, 17 luglio 2023, n. 20601) che aveva affrontato il rema della notifica del ricorso in appello con rito del lavoro privo del decreto di fissazione di udienza, stabilendo che la costituzione dell'appellato ha efficacia sanante, fatta salva la possibilità di rimettere lo stesso in termini per la proposizione dell'appello incidentale dalla quale sia eventualmente decaduto in conseguenza del suddetto vizio.

Tale principio è ritenuto dalla Corte estensibile “stante la similitudine, anche alla diversa ipotesi della notifica dell'opposizione a decreto ingiuntivo”, nella quale sia “avvenuta la notificazione del solo ricorso depositato e non anche del decreto presidenziale”. Da tale fattispecie processuale non conseguirebbe “l'improcedibilità perché la vocatio in ius, con la notifica del ricorso, vi è stata”. Si tratterebbe, al più, di “vocatio in ius viziata (non inesistente, come nell'ipotesi della mancata notifica di ricorso e decreto) per la mancanza dell'indicazione della data dell'udienza di comparizione”, sanata dall'intervenuta costituzione in giudizio della parte opposta, stante l'applicazione dei principi di cui all'art. 164 c.p.c.

Tale sanatoria, diversamente da quella relativa ai vizi della editio actionis (operante ex nunc), opererebbe ex tunc, con la conseguenza che, avuto riguardo al termine perentorio per proporre l'opposizione, la stessa andrebbe considerata tempestiva (Cass., sez. VI, 1 ottobre 2018 n. 23667, riferita alla fattispecie di appello, i cui principi risulterebbero tuttavia applicabili all'opposizione a decreto ingiuntivo).

L'improcedibilità del gravame andrebbe, dunque, annessa alla sola inesistenza della notificazione, vale a dire alla mancanza di notificazione non soltanto del decreto di fissazione di udienza ma anche del ricorso introduttivo (Cass., sez. lav., 23 ottobre 2024 n. 27471). Analogamente, soltanto in caso di inesistenza della notificazione del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, la stessa potrebbe essere dichiarata inammissibile per tardività, avuto riguardo al disposto degli artt. 641, comma 1, e 645 c.p.c.

Osservazioni

La soluzione cui la Corte perviene, nella pronuncia in commento, appare pienamente condivisibile, ed in linea con le pacifiche acquisizioni giurisprudenziali in tema di applicabilità del meccanismo di sanatoria ex art. 164 c.p.c. ai vizi concernenti la vocatio in ius nel rito del lavoro.

Ciò che desta perplessità è, tuttavia, il percorso argomentativo, sostenuto sulla linea dell'analogia delle fattispecie dell'appello e dell'opposizione a decreto ingiuntivo con rito lavoro, in capo alla quale, pacificamente, difetta la natura impugnatoria, trattandosi di giudizio ordinario di cognizione, a contraddittorio differito, volto ad accertare l'esistenza e consistenza della pretesa e non i presupposti di regolarità dell'ingiunzione (Cass., sez. I, 13 novembre 2024, n. 29294).

In ossequio al richiamato principio secondo cui nel processo del lavoro risultano applicabili le disposizioni della parte generale del codice e quelle dedicate al processo ordinario di cognizione, fatta salva la verifica di compatibilità con la struttura ed i principi immanenti al rito del lavoro, la giurisprudenza ha pacificamente ritenuto applicabile l'art. 164 c.p.c., sia per quanto riguarda i vizi della vocatio in ius (Cass., sez. lav., 4 febbraio 2021, n. 2673) sia con riferimento ai vizi della editio actionis (Cass., sez. lav., 14 febbraio 2020, n. 3816). Residua esclusivamente una questione interpretativa in ordine alla possibilità di sanatoria ex art. 164, comma 5, c.p.c. in relazione a tale ultima categoria di vizi, quale alternativa all'adozione di una pronuncia in rito di nullità del ricorso, che chiuda il processo consentendo la riproposizione di altra azione, previa emenda dei vizi riscontrati.

Sulla falsariga di tali principi può essere risolta anche la questione della decorrenza degli effetti sananti della costituzione e delle eventuali conseguenze sulla tempestività dell'opposizione. È la stessa norma (art. 164, comma 2, c.p.c.), difatti, a delineare il principio in forza del quale la sanatoria, che può aversi per effetto della rinnovazione della notifica o della costituzione giudiziale, determina l'eliminazione dei vizi e favorisce la produzione degli effetti sostanziali e processuali della domanda “sin dal momento della prima notificazione”.

Sulla scorta dei medesimi principi, e non di un preteso parallelismo con la tempestività dell'appello e la correlata sanzione di improcedibilità (v., sul punto, Cass., sez. lav., 2 febbraio 2024, n. 3145), va risolta la questione della tempestività dell'opposizione a decreto ingiuntivo che, come noto, laddove proposta oltre il termine di quaranta giorni dalla notificazione del decreto, va dichiarata inammissibile in quanto tardiva (Cass., sez. lav., 6 novembre 2024, n. 28600). La sanatoria retroattiva derivante dalla costituzione, sin dal primo momento della notificazione determina, difatti, la tempestività dell'opposizione. Né, del resto, l'omessa costituzione dell'opposto, dinanzi a una notificazione esistente ma affetta da nullità, appare passibile di determinare una valutazione di tardività dell'opposizione, posto che analoghi effetti di sanatoria retroattiva sono annessi all'ordine di rinnovazione della notificazione invalida.

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