Fine vita, Consulta: inammissibile l'intervento del terzo senza accertamenti sull'impossibilità di autosomministrazione
29 Luglio 2025
Con la sentenza in esame, la Consulta si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 579 c.p., sollevate dal Tribunale di Firenze in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost., nel contesto di un giudizio promosso da una persona affetta da sclerosi multipla avanzata, già riconosciuta come avente diritto all'accesso al suicidio medicalmente assistito secondo i requisiti fissati dalla sentenza Corte cost. n. 242/2019. La particolarità del caso risiede nell'impossibilità materiale della ricorrente di procedere all'autosomministrazione del farmaco letale, per la progressione della patologia che aveva compromesso ogni residua funzionalità degli arti, e nella contestuale irreperibilità sul mercato di dispositivi (come pompe infusionali attivabili con voce, bocca o occhi) idonei a consentire una somministrazione autonoma. Il Tribunale rimettente aveva censurato l'art. 579 c.p. nella parte in cui non prevede una causa di non punibilità per il sanitario che, in presenza delle condizioni per il suicidio medicalmente assistito, attui materialmente la volontà del paziente impossibilitato all'autosomministrazione. Si contestava una disparità del regime normativo rispetto a chi, con minore gravità della patologia, può invece accedere effettivamente alla procedura, evidenziando così una potenziale lesione della libertà di autodeterminazione, specie negli stadi più avanzati della malattia. La Consulta, pur riconoscendo la delicatezza delle istanze sollevate e la centralità della posizione soggettiva tutelata del paziente che abbia ricevuto il nulla osta all'accesso al suicidio assistito, ha dichiarato le questioni inammissibili, ritenendo che il giudice a quo non abbia adeguatamente motivato sulla reale indisponibilità di dispositivi di autosomministrazione farmacologica idonei per pazienti privi dell'uso degli arti. La Corte ha sottolineato che la verifica della reperibilità di questi strumenti avrebbe dovuto coinvolgere organismi tecnico-scientifici di livello centrale, quali l'Istituto superiore di sanità, e non limitarsi a una semplice presa d'atto delle ricerche svolte da enti regionali o locali. In mancanza di un adeguato approfondimento istruttorio su tale elemento determinante, la questione proposta difettava dei presupposti necessari per un sindacato di costituzionalità. La pronuncia ribadisce, tuttavia, che il paziente che abbia ottenuto la verifica positiva delle condizioni di cui alla sentenza Corte cost. n. 242/2019 gode di una situazione soggettiva protetta, comprensiva del diritto a essere accompagnato dal Servizio sanitario nazionale nel percorso di suicidio medicalmente assistito, diritto che si estende anche al reperimento e all'impiego dei dispositivi tecnicamente idonei, ove esistenti. La Corte precisa che, qualora un'istruttoria più ampia dimostri l'effettiva reperibilità di tali dispositivi in tempi compatibili con le condizioni del paziente, questi avrà diritto ad avvalersene ed il Servizio sanitario dovrà farsi carico della relativa procedura e dei necessari ausili, in attuazione di una funzione di garanzia a tutela delle persone più fragili. La sentenza in analisi si segnala per il rigore istruttorio richiesto in tema di fine vita e per la riaffermazione del ruolo centrale delle strutture pubbliche e dei comitati etici territoriali nella verifica delle condizioni di accesso e delle modalità esecutive della procedura, ribadendo la necessità di evitare soluzioni che, in assenza di dati oggettivi, potrebbero determinare un arretramento delle garanzie per il paziente o una disparità di trattamento non giustificata.
*Fonte: DirittoeGiustizia |