Giustizia riparativa: legittimo l’omesso avviso nella sentenza di non doversi procedere per assenza dell’imputato

La Redazione
29 Luglio 2025

La Consulta ha dichiarato legittima l'assenza dell'avviso sulla giustizia riparativa nella sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo, ribadendo la natura extraprocessuale dei programmi riparativi e l'inesistenza di un obbligo informativo specifico in tale fase.

Con la sentenza in esame, depositata il 24 luglio 2025, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità dell'art. 420-quater, comma 4 c.p.p. nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato contenga l'avviso della facoltà di accedere ai programmi di  giustizia riparativa.

Le questioni erano state sollevate dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Grosseto, che aveva ravvisato un possibile contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., sostenendo l'esistenza di una  disparità di trattamento  fra l'imputato reperito immediatamente - che riceve l'avviso della possibilità di attivare percorsi di giustizia riparativa (ex art. 419, comma 3-bis, c.p.p.) - e quello dichiarato irreperibile, che tale informazione non riceve direttamente nella sentenza ex art. 420-quater  c.p.p.

La Corte ha reputato le censure  infondate, articolando la propria motivazione su tre direttrici principali. In primo luogo, è stato rimarcato come la  giustizia riparativa  non rappresenti un procedimento speciale, incidentale o complementare nell'ambito del processo penale, ma si configuri quale  programma di attività extraprocessuale, la cui eventuale rilevanza processuale si apprezza esclusivamente ai fini della commisurazione della pena, dell'attenuazione o della concessione della sospensione condizionale. Da ciò deriva che l'omessa previsione normativa dell'avviso in uno specifico momento processuale – quello della sentenza ex art. 420-quater c.p.p. – non integra violazione del principio di  eguaglianza  né, di riflesso, del diritto di  difesa: l'accesso alla giustizia riparativa si colloca al di fuori del “procedimento” penale, restando fuori dall'ambito di applicazione dell'art. 24 Cost., anche nella dimensione dell'autodifesa.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito il principio dell'ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali, soggetta soltanto al  limite della manifesta irragionevolezza  o  arbitrarietà. Nel caso di specie, tale soglia non è stata superata: il sistema prevede molteplici occasioni in cui l'imputato viene informato della facoltà di accedere alla  giustizia riparativa  nel corso dell'intero iter processuale, anche successivamente alla definitività degli atti di accertamento della responsabilità penale.

Infine, secondo la Consulta, l'omessa previsione dell'avviso nella sentenza ex art. 420-quater c.p.p. non pregiudica la posizione dell'imputato: non sono previsti termini perentori o scadenze per l'esercizio della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, che può essere attivata in ogni stato e grado del procedimento e persino dopo l'esecuzione della pena.

La pronuncia si segnala, dunque, per aver ricondotto la natura della  giustizia riparativa  a un programma extraprocessuale, sottraendola—per quanto attiene agli avvisi informativi relativi alla sua fruibilità—alle garanzie tipiche del procedimento penale. Viene così esclusa ogni assimilazione tra l'omessa informazione sull'accesso alla giustizia riparativa e l'omessa informazione sulle modalità di accesso ai riti alternativi, per i quali la Corte aveva invece in passato affermato la  necessità dell'avviso  per la presenza di termini perentori e per la natura premiale del rito.

   

*Fonte: DirittoeGiustizia

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