Riforma tributi locali: introdotta la definizione agevolata

Saverio Capolupo
06 Agosto 2025

Lo schema di decreto per la riforma dei tributi locali, ulteriore attuazione della delega fiscale, da un lato reca correzioni ad alcuni istituti della fiscalità locale, dall’altro, come osservato dall’ANCI, non recepisce gli aspetti di maggior incidenza sulla revisione del sistema fiscale comunale. Rilevante la possibilità di introdurre, sia pure con limitazioni, la definizione agevolata sia dei tributi non pagati ma non oggetto di accertamento sia di quelli per i quali sono in corso procedure di controllo.

Lo schema di decreto delegato

L'approvazione dello schema di decreto legislativo di attuazione della delega in materia di riforma dei tributi locali ha già sollevato alcune perplessità soprattutto da parte dell'Associazione dei comuni italiani (ANCI) che ha reso pubbliche alcune osservazioni, alcune di carattere formale altre soprattutto di carattere sostanziale.

In via generale, è stato rilevato che quantunque le disposizioni contenute nello schema proposto recano correzioni – in qualche caso di rilievo – di alcuni istituti della fiscalità locale la normativa approvata non recepisce gli aspetti di maggior incidenza sulla revisione del sistema fiscale comunale, finalizzati a rafforzare l'autonomia e la capacità di finanziamento degli enti locali.

Tralasciando il tema della compartecipazione, considerata dall'ANCI comunque un pilastro del finanziamento ordinario degli enti locali che fornirebbe un margine di flessibilità a fronte delle rigidità dei bilanci locali e potrebbe essere declinata con riferimento a gettiti statali diversi, dall'IVA alle imposte sulle imprese e sulle attività economiche, l'attenzione sarà soffermata soprattutto sulla possibilità di procedere alla definizione agevolata delle obbligazioni aventi per oggetto i tributi locali.

In ogni caso, occorre convenire che, operando una valutazione di carattere generale, il contenuto dello schema di riforma non rispecchi esattamente il contenuto della delega dettata con l'art. 14 della legge n. 111 del 2023.

La riforma, in sostanza, da un lato dovrebbe delineare una disciplina che comporti un recupero dell'evasione, notoriamente alta; dall'altro, garantire la manovrabilità del prelievo, quale essenziale aspetto dell'autonomia tributaria locale, che deve assicurare non l'astratta modificabilità delle aliquote o tariffe, ma anche la loro effettiva possibilità di variazione soprattutto alla luce dei continui compiti di varia natura che il legislatore sia esso statale che regionale assegna ai Comuni in ogni settore senza alcun finanziamento.

Per quanto interessa in questa sede vanno evidenziate, sul piano generale, tra l'altro, l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari e in generale introduzione di strumenti deflativi del contenzioso, nell'ottica di una maggiore tutela del contribuente ma, allo stesso tempo, di strumenti utili ai Comuni in qualità di enti impositori, a incrementare la riscossione delle proprie entrate (avvisi bonari, lettere di compliance, riduzione di aliquote e tariffe in caso di versamento con addebito diretto sul conto corrente).

Rievocante, inoltre, risulta anche l'introduzione della facoltà per gli enti locali di prevedere direttamente, ed entro determinati limiti, tipologie di definizione agevolata in attuazione dell'autonomia di cui gli enti stessi godono nella gestione dei tributi regionali e locali, non solo per le entrate tributarie ma anche per le entrate di natura patrimoniale nonché la semplificazione della procedura di riscossione tramite l'atto di accertamento esecutivo, tra le quali è stata, però, espunto l'accorciamento dei tempi per l'avvio delle azioni esecutive. È stata anche rivista la disciplina sanzionatoria adeguandola ai noti principi di proporzionalità ed introdotte misure in tela di semplificazione in materia di IMU.

I principi della riforma

La legge-delega, pur garantendo, anche mediante il suo consolidamento, il sistema dell'autonomia finanziaria nell'ambito della potestà regolamentare degli enti locali in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, nel rispetto degli altri principi, sempre di rango costituzionale, in materia di capacità contributiva, ha ribadito la necessità di rispettare il principio della progressività fiscale e, nel contempo, escludere la doppia imposizione tra Stato ed enti locali, fatte salve le addizionali degli enti sui tributi statali.

Ovviamente, la necessità di assicurare la piena attuazione del federalismo fiscale - peraltro, com'è noto, rimasto allo stato incompiuto – passa necessariamente attraverso il potenziamento dell'autonomia finanziaria.

Tale obiettivo, tuttavia, non può essere raggiunto azionando una leva unica ma richiede, contemporaneamente, l'attribuzione di tributi propri, la compartecipazione a tributi erariali e meccanismi di perequazione in grado di assicurare l'integrale finanziamento delle funzioni fondamentali attribuite, nonché di superare le differenze territoriali per gli enti locali con minore capacità fiscale, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, allo stato quasi inesistenti, considerato che la pressione fiscale non può comunque superare determinati limiti.

È questo certamente un profilo di assoluta rilevanza considerati i risvolti, anche di natura politico-elettorale, che un incremento eccessivo della pressione fiscale può determinare.

Come accennato, la stessa legge delega impone una modernizzazione dei procedimenti di controllo e di accertamento al fine di ridurre i fenomeni di evasione ed elusione fiscale e aumentare la capacità fiscale degli enti locali. Il tutto, ovviamente, deve passare attraverso un evoluto utilizzo del sistema di rilevazione dei dati basato sulla individuazione di strumenti idonei a facilitare la circolazione delle informazioni per accelerare l'aggiornamento sistematico degli elementi informativi mancanti.

D'altra parte, non è un mistero che, almeno finora, la collaborazione dei comuni in materia di accertamento del reddito delle persone fisiche non è mai decollata per mancanza di risorse necessarie, di un'adeguata struttura dedicata e per la mancanza di una effettiva volontà.

Al riguardo, è stata proposta una modifica da parte dell'ANCI avente il duplice scopo di stabilire, innanzitutto, una quota di compartecipazione comunale a regime dell'80% sui recuperi effettuati dall'Agenzia delle entrate sulla base di segnalazioni qualificate comunali, fermo restando il valore del 100% già indicato dalla bozza di decreto legislativo per gli anni 2025, 2026 e 2027.

Inoltre, è stato proposto un ampliamento del perimetro delle forme di recupero che possono essere innescate dalle segnalazioni dei Comuni. Attualmente, invero, i recuperi si limitano ai casi in cui l'Agenzia notifica un formale avviso di accertamento per cui la modifica proposta mira ad estendere i recuperi anche ai casi di riscossione derivanti da lettere di compliance e solleciti non notificati, che sono molto frequenti ed ingiustificatamente esclusi dal computo dei recuperi a favore dei Comuni segnalanti.

Sempre sul piano generale restano da verificare, in termini di effettivo impatto, le norme volte a razionalizzare e riordinare i singoli tributi locali, con particolare riferimento ai soggetti passivi, alla base imponibile, al numero delle aliquote.

Tema autonomo ma comunque collegato resta quello delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali che, da un lato, dovrebbero salvaguardare la manovrabilità a garanzia del mantenimento della dimensione complessiva dei gettiti e degli equilibri di bilancio; dall'altro, procedere ad una oggettiva semplificazione degli adempimenti dichiarativi e delle modalità di versamento a carico dei contribuenti.

Su tale aspetto impatta positivamente la possibilità di adempiere alle obbligazioni tributarie mediante compensazione, attualmente ingiustamente esclusa. Trattasi di un profilo molto delegato tenuto conto dell'utilizzo finora fatto di tale strumento con riferimento ai tributi erariali e all'IRAP.

La possibilità di introdurre forme di cooperazione che privilegiano l'adempimento spontaneo degli obblighi tributari deve essere vista molto positivamente, soprattutto se accompagnata con sistemi premiali di riduzione delle sanzioni,

Pacifico, peraltro, deve ritenersi anche il richiamo ad utilizzare le tecnologie digitali.

In conclusione, l'intero schema di riforma, pur con dei limiti e criticità che presenta, costituisce un importante passo avanti verso l'adozione, a livello locale, di schemi organizzativi di controllo, accertamento e riscossione che non possono prescindere anche da forme di cooperazione tra lo Stato e gli enti locali, per rendere più efficienti le attività di gestione delle loro entrate.

Un profilo particolare, ovviamente, interessa la tematica dell'IMU, quale principale risorsa degli enti locali e, quindi, alle attività dirette all'individuazione di basi imponibili immobiliari non dichiarate.

La riforma, in sostanza, appare ben perimetrata negli spetti essenziali sebbene la partita principale sarà giocata sulla efficienza del sistema di vigilanza sui soggetti abilitati ad effettuare l'attività di accertamento e di riscossione delle entrate nonché sui soggetti che svolgono esclusivamente le relative funzioni e attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate

L'introduzione di forme di definizione agevolata

L'art. 14 della legge delega n. 111/2023 ha attribuito agli enti locali la facoltà di prevedere direttamente, in virtù dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all'articolo 119 della Costituzione, tipologie di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali, in materia di entrate di spettanza degli enti locali, attraverso l'esercizio della potestà regolamentare di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

L'introduzione di tali strumenti, ovviamente, dovrà avvenire con l'osservanza dei principi di cui agli articoli 23,53 e 119 della Costituzione, dei principi generali dell'ordinamento tributario nonché nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, con particolare riguardo a crediti di difficile esigibilità.

I Comuni, pertanto, possono introdurre autonomamente, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare tributi di loro spettanza, tipologie di definizione agevolata.

Dette misure dovranno incidere sia sulla riduzione dell'ammontare dei medesimi tributi, sia sulla valutazione circa la opportunità di escludere ovvero ridurre i relativi interessi o anche delle sanzioni.

L'ampiezza della delega e la genericità della previsione dello schema di decreto delegato sono sufficienti pere ipotizzare già, prima ancora dell'approvazione definitiva del provvedimento, eccezioni di incostituzionalità.

In merito si scontrano principi, tutti di rango costituzionale: da un lato il federalismo fiscale impone l'introduzione di una gestione dell'obbligazione tributaria, in tutte le sue componenti in relazione alle esigenze dei singoli comuni; dall'altro, si pone la necessità di rispettare il principio di uguaglianza atteso che soggetti aventi la medesima capacità contributiva possono essere sottoposti a tassazioni diversificate. Si dirà che questo è il costo da pagare una volta modificato il Titolo V della Costituzione, eccezione certamente condivisibile sul piano potenziale.

Resta però, da verificare fino a che punto l'autonomia possa determinare e legittimare una discriminazione ampiamente prevedibile in funzione non solo del reddito medio pro-capite delle singole regioni e comuni ma anche della qualità dei servizi di cui i cittadini possono beneficiare.

Per quanto riguarda la procedura, ciascun ente deve indicare un termine appositamente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'atto nel proprio sito internet istituzionale entro il quale i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.

La norma non prevede la sospensione dei termini processuali, contrariamente a quanto indicato per la definizione agevolata statale dai commi 186-202, della legge n. 197/2022 per cui è auspicabile che detta lacuna venga colmata in sede di approvazione definitiva.

Va da sé che il riferimento riguarda soltanto i debiti tributari per i quali non sono scaduti i termini di decadenza e, allo stesso tempo, non sono stati notificati atti impositivi.

Invero, qualora siano già in corso procedure di accertamento o controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il comune, ciascun ente territoriale può stabilire forme di definizione agevolata. Il riferimento alla giurisdizione tributaria può essere utile, sebbene implicito, al fine di evitare l'avvio di procedimenti che, ove sfocino in un contezioso, sono demandati a giurisdizioni differenti.

Il legislatore delegato ha, poi, mutuato la pessima abitudine introdotta anche per i tributi erariali della c.d. rottamazione. Può essere questo il riferimento – ovvero ad analoghe procedure – cui lo schema di decreto legislativo fa riferimento allorquando richiama i casi in cui «la legge statale preveda forme di definizione agevolata», per poi consentire agli enti territoriali la facoltà di introdurre, anche nei casi di riscossione diretta e di affidamento ai soggetti iscritti nell'apposito albo, di analoghe forme di definizione agevolata per assicurare ai contribuenti il medesimo trattamento tributario.

In sostanza, si tratta di mutuare la disciplina dettata con legge ordinaria con atti di normazione secondaria (c.d. potestà regolamentare) al fine di ridurre il contenzioso, incrementare il gettito fiscale, realizzare economie di gestione.

Al riguardo, però, una considerazione appare necessaria. Sono note le critiche, anche in termini strettamente giuridici, che sono state avanzate sulla c.d. rottamazione, in termini sia di violazione del principio di uguaglianza che di capacità contributiva.

È da ritenere, allora, ancora una volta, che le esigenze di cassa sono state ritenute   prevalenti sull'applicazione di determinati principi giuridici, sull'onta di quanto sancito dalla stessa Corte costituzionale, in più occasioni (da ultimo con riferimento alla irretroattività della riforma delle sanzioni).

Per quanto concerne l'oggetto dell'a definizione agevolata il riferimento non può che essere ai tributi che sono disciplinati e gestiti anche nella fase di accertamento dagli enti territoriali, ai quali è integralmente attribuito il relativo gettito (Es. IMU, TARI, ecc.), con esclusione delle compartecipazioni e delle addizionali a tributi erariali.

Sul punto la formulazione della norma è oltremodo chiara ancorché trattasi una esplicitazione inutile essendo evidente la impossibilita per ciascun comune di assumere iniziative che possano pregiudicare gli interessi patrimoniali di altri soggetti.

I limiti della procedura

Qualora ciascun Ente territoriale decida di dare attuazione alle citate forme di definitone agevolata devono comunicare “tempestivamente” le disposizioni adottate ai soggetti che provvedono alla riscossione delle proprie entrate al fine di coordinarne l’attività, anche previ accordi, ove necessari.

Al fine di assicurare un minimo di uniformità è stato chiarito che il ricorso alla procedura agevolativa non è incondizionato bensì subordinato a determinati requisiti anche al fine di evitare possibili abusi.

Innanzitutto, la procedura può essere prevista soltanto per esigenze straordinarie al fine di evitare di compromettere l’ordinaria attività di riscossione e deve essere limitata a casi eccezionali.

Pertanto, occorre il verificarsi di presupposti certamente connotati dal carattere della imprevedibilità ancorché la valutazione dei citati presupposti presenti, comunque, un’alea di soggettività e di opportunità politica sulla quale non mancherà di attirare l’attenzione sia della dottrina sia (eventualmente) della giurisprudenza.

La procedura, inoltre, dovrà riguardare “periodi di tempo circoscritti” al momento dell’entrata in vigore del provvedimento di definizione agevolata.

Dimenticando che l’obbligazione tributaria è pubblica, inderogabile e indisponibile – e tale è certamente il reddito fiscale vantato dai comuni - è stato chiarito che il provvedimento agevolativo, in nessun caso, potrà prevedere la rinuncia completa al credito da parte dell’ente territoriale.

Infine, dovrà essere consentito anche l'utilizzo di tecnologie digitali per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione delle medesime disposizioni.

I provvedimenti degli enti locali acquistano efficacia a far data dalla pubblicazione nel sito internet www.finanze.gov.it. A tal fine, i provvedimenti sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento delle finanze, e pubblicati entro sessanta giorni dalla data di trasmissione.

Gli enti locali possono adottare forme di definizione agevolata anche per le entrate di natura patrimoniale, fermo restando che, in tal caso, non trovano applicazione le disposizioni relative alla pubblicità dei provvedimenti relativi.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario