Concordato preventivo: niente compenso all’advisor inadempiente
13 Agosto 2025
Il pagamento da parte del debitore, non autorizzato dal giudice, di un debito scaduto, ove eseguito in data successiva al deposito della domanda di concordato preventivo, determina, in linea di principio, la revoca dell'ammissione alla procedura, ai sensi dell'art. 173, comma 3, l. fall., a meno che non ricorra il caso in cui (si dimostri che) tale pagamento non sia stato pregiudizievole per l'interesse dei creditori, in quanto ispirato al criterio della loro migliore soddisfazione, né sia stato diretto a frodarne le ragioni, così pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato «Il professionista designato per la predisposizione della proposta, nel caso in cui ometta di informare il debitore che abbia presentato (o stia per presentare) la domanda di ammissione al concordato preventivo del divieto giuridico di eseguire, dopo il deposito del relativo ricorso, atti di pagamento di debiti concorsuali (salvo che con le prescritte autorizzazioni giudiziali), dà, pertanto, luogo, in ragione dell'imperizia conseguente alla inescusabile ignoranza delle norme giuridiche che presiedono all'attività giuridica della committente per il periodo successivo al deposito del ricorso, al colpevole inadempimento agli obblighi contrattualmente assunti». Pur essendo vero, infatti, «che le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato» e che «l'inadempimento del professionista non può essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile perseguito dal cliente», «non è men vero, tuttavia, che sussiste l'inadempimento del professionista verso il cliente tutte le volte in cui, (…), il giudice di merito, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento giudiziale in cui la prestazione del professionista sia stata (o doveva essere) svolta e all'interesse del cliente alla relativa esecuzione, abbia accertato, avendo riguardo alla situazione ex ante (e non, ex post, all'esito del giudizio), la negligente inadeguatezza funzionale della prestazione in concreto svolta rispetto al risultato perseguito dal cliente così come (implicitamente o esplicitamente) dedotto nel contratto di prestazione d'opera professionale». Deve ritenersi che l'errore commesso dal professionista «ha messo indebitamente a rischio il diritto del cliente alla regolazione concordataria della propria crisi d'impresa» e che «a fronte di una prestazione oggettivamente inidonea (…) al conseguimento dell'interesse della società committente, la sua obbligazione contrattuale è stata totalmente inadempiuta ed improduttiva di effetti nei confronti di quest'ultima, con la conseguenza che, in tal caso, il professionista non vanta alcun diritto (suscettibile di essere ammesso al passivo) al compenso anche se l'adozione dei mezzi difensivi rivelatisi pregiudizievoli al cliente sia stata, in ipotesi, sollecitata dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del professionista la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale (Cass. n. 10289 del 2015)». |