Occupazione abusiva dell’area esterna e attigua al fabbricato: l'utilizzo dell’intelligenza artificiale nella soluzione di casi pratici
29 Agosto 2025
L'approccio sistematico Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti un primo approccio della soluzione di un caso pratico con l'integrazione dell'intelligenza artificiale (d'ora in poi, breviter, solo IA). L'obbiettivo di questa sperimentazione rappresenta un esempio di come l'IA, se ben integrata con l'esperienza e la supervisione di un professionista, possa contribuire in modo efficace all'approfondimento della materia, evitando, al contempo, il rischio di derive formalistiche o riduttive nell'applicazione del diritto.
Il caso pratico Nella vicenda in esame (Trib. Vasto 31 luglio 2025, n. 242), il proprietario di un appartamento posto al primo piano di un fabbricato sosteneva che la condomina (società proprietaria dei locali garage posti al piano terra dello stabile) avesse indebitamente occupato e recintato un'area condominiale, impedendogli così l'uso e la disponibilità di cui l'attore godeva liberamente. Per queste ragioni, parte attrice aveva chiesto al giudice di ordinare la rimozione della recinzione. Costituendosi in giudizio, parte convenuta eccepiva l'esclusiva proprietà dell'area per effetto di rogito di compravendita, con il quale era stata trasferita, oltre che l'esclusiva proprietà del fabbricato/garage, anche la proprietà di cinque adiacenti aree urbane tra cui quella oggetto di causa e, per queste ragioni, venivano chiamati in giudizio i precedenti venditori; infine, il presente procedimento veniva riunito con altro giudizio in cui il Comune aveva chiesto l'accertamento della proprietà dell'area comune per usucapione. La questione giuridica In presenza di un'area esterna attigua al fabbricato che funge da cortile/area di manovra, non specificamente riservata ab origine, il titolo successivo che ne affermi l'esclusiva in favore di un singolo acquirente basta a vincere la presunzione condominiale ex art. 1117 c.c.? Il ragionamento del magistrato A seguito dell'istruttoria di causa, l'area in esame rappresentava una “corte condominiale” e non vi era prova documentale che fosse stata riservata alla proprietà esclusiva dei terzi chiamati in giudizio, danti causa dell'odierna convenuta, per cui non poteva ritenersi superata la presunzione della sua natura condominiale. Difatti, i frazionamenti e le annotazioni catastali di “corte esclusiva” non superavano la presunzione condominiale e, oltre alle deposizioni testimoniali, nell'atto di acquisto non era specificato alcunché in ordine alla titolarità esclusiva di parte dell'area esterna dell'edificio, essendo invece chiarito che la vendita era comprensiva della proporzionale quota condominiale di tutte le parti dell'edificio che si presumevano di proprietà comune, degli impianti e servizi di uso e godimento comune e del terreno su cui sorgeva il fabbricato. Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte, in accoglimento della domanda, il Tribunale ha accertato che, al momento della compravendita, la corte indicata nell'atto era di proprietà condominiale e non poteva, pertanto, essere venduta come proprietà esclusiva. L'atto di compravendita era, sotto questo profilo, inefficace, non essendo idoneo a trasferire la proprietà esclusiva della porzione di cortile, sulla base del generale principio nemo plus iuris transferre potest, quam ipse habet. In conclusione, il giudice ha accolto la domanda di riduzione in pristino, poiché la recinzione pacificamente realizzata dalla convenuta per il tramite di paletti e catene era volta a sottrarre la porzione di cortile in questione all'uso comune; rigettata, invece, la richiesta di “risarcimento dei danni da determinarsi secondo giustizia” in quanto, pur in assenza di specificazione da parte del richiedente, il danno lamentato poteva ricondursi al pregiudizio subìto per l'occupazione abusiva del bene condominiale. In tal caso, però, mancava l'allegazione della perdita concreta di godimento (danno emergente) e di uno specifico lucro cessante. Infine, quanto alle altre richieste, il Tribunale ha rigettato la domanda del Comune (usucapione e uso pubblico), in quanto le medesime difettavano dei requisiti (idoneità del bene, effettiva utilitas pubblica distinta dall'interesse di alcuni privati, esercizio della signoria e continuità). Invece, è stata accolta la domanda di parte convenuta nei confronti dei terzi venditori poiché, accertata la condominialità della corte venduta come “esclusiva”, ricorreva l'evizione parziale (art. 1480 c.c.) e, di conseguenza, la convenuta (acquirente) ha ottenuto la riduzione del prezzo. L'utilizzo dell'IA Dopo aver sottoposto il provvedimento all'IA, con prompt ben definiti sulla problematica del caso in esame, questa ha fornito il suo ragionamento con aspetti obbiettivi e critici. Nel caso sottoposto al Tribunale di Vasto, la questione centrale riguardava la natura giuridica di un'area adiacente a un fabbricato condominiale: qualificazione di bene condominiale, come sostenuto da alcuni condomini, oppure proprietà esclusiva della società acquirente dei locali al piano terra. A complicare il contenzioso, vi era l'intervento del Comune che rivendicava l'uso pubblico o addirittura l'usucapione dell'area, oltre alla chiamata in garanzia dei danti causa della società convenuta, a seguito di possibile evizione parziale. Ebbene, l'IA ha valorizzato l'art. 1117 c.c. e la giurisprudenza costante della Suprema Corte, la quale presume condominiali le aree esterne destinate a luce, aria, passaggio o servizio comune, salvo titolo contrario espresso nel primo atto di trasferimento; sicché, mancando nel caso di specie un titolo costitutivo chiaro e documentato, la presunzione non era stata vinta. Quanto alle richieste del Comune, l'IA ha posto l'accento sui requisiti richiesti: uso collettivo, utilità generale, continuità e idoneità del bene, rilevando che la prova testimoniale era contraddittoria e che l'area, di fatto, serviva prevalentemente i condomini e non la collettività. Infine, l'acquisto della società convenuta era stato qualificato come vendita di cosa parzialmente altrui ex art. 1480 c.c., con conseguente diritto alla riduzione del prezzo e attivazione della garanzia per evizione. Oltre a ciò, l'IA effettua le seguenti considerazioni:
Le considerazioni del professionista L'analisi giuridica condotta dall'intelligenza artificiale su una sentenza complessa come quella del Tribunale di Vasto evidenzia una serie di criticità metodologiche, interpretative e semantiche che meritano una riflessione approfondita: il provvedimento analizzato coinvolge più domande (rivendica, risarcimento, garanzia per evizione, usucapione) e più parti (attore, convenuta, Comune, terzi chiamati). Sebbene l'IA sia in grado di processare grandi quantità di dati normativi, giurisprudenziali e dottrinali, incontra limiti strutturali e concettuali quando si confronta con la dimensione ermeneutica del diritto, con la valutazione delle prove e con la ricostruzione del contesto fattuale e negoziale. Quanto agli aspetti legati al condominio, l'IA ha constatato che, in assenza di un titolo contrario, la presunzione non è superata. Un giurista esperto, invece, coglie che questa norma ha lo scopo di prevenire l'appropriazione di beni essenziali alla vita del condominio e di garantire un equilibrio tra i diritti individuali e quelli collettivi. Difatti, la ricostruzione della volontà delle parti nei contratti di compravendita è un'operazione ermeneutica che richiede sensibilità interpretativa, conoscenza del contesto e capacità di cogliere le clausole implicite o ambigue. L'IA può analizzare il testo di un contratto, ma fatica a interpretare le omissioni, le riserve tacite, le clausole generiche o le espressioni ambivalenti: nel caso in esame, l'atto di vendita dell'area esterna non conteneva una riserva esplicita di proprietà esclusiva, e il giudice ha ritenuto che ciò non fosse sufficiente a superare la presunzione ex art. 1117 c.c. In conclusione, l'analisi del provvedimento da parte dell'IA, sebbene efficiente nella sua capacità di estrarre e sintetizzare informazioni, ha rivelato alcune intrinseche criticità e difficoltà che meritano un'argomentazione approfondita, offrendo osservazioni critiche sulle attuali capacità di un'IA nel campo giuridico. La natura condominiale del cortile Il cortile, tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine “cortile” possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione (Cass. civ. sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889). Dunque, l'area esterna di un edificio condominiale, con riguardo alla quale manchi un'espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, va ritenuta di presunta natura condominiale ai sensi dell'art. 1117 c.c. (Cass. civ., sez. VI, 8 marzo 2017, n. 5831; Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2017, n. 20612). Il titolo contrario alla presunzione di comunione Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., occorre fare riferimento all'atto costitutivo e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'àmbito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni (Cass. civ., sez. II, 9 agosto 2018, n. 20693). In particolare, il condomino che pretenda l'appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un cortile, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall'art. 1117 c.c., deve dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti a tal fine né le risultanze del regolamento di condominio, né l'inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, né i dati catastali). Secondo le indicazioni della Suprema Corte, inoltre, per poter escludere l'applicabilità dell'art. 1117 c.c., il titolo che dà vita al condominio deve contenere “una chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno degli aggiudicatari dei distinti lotti la proprietà delle suindicate parti” (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2024, n. 1615). Ove ciò non avvenga, una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'art. 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione è opponibile ai terzi. L'onere della prova gravante sul rivendicante La presunzione legale di proprietà comune di parti del complesso immobiliare in condominio, che si sostanzia sia nella destinazione all'uso comune della res, sia nell'attitudine oggettiva al godimento collettivo, dispensa il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica. Ne consegue che quando un condomino pretenda l'appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell'art. 1117 c.c., poiché la prova della proprietà esclusiva dimostra, al contempo, la comproprietà dei beni che detta norma contempla, onde vincere tale ultima presunzione è onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell'atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall'iniziale unico proprietario che non si era riservato l'esclusiva titolarità del bene (Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2020, n. 3852). In difetto di tale prova, dovrà essere affermata l'appartenenza dei suddetti beni indistintamente a tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 7 maggio 2010, n. 11195; Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2022, n. 5633). La vendita di cose parzialmente altrui In tema di compravendita, il vizio e l'evizione non si distinguono per un parametro quantitativo, ma per l'indicare l'uno l'esistenza di una caratteristica intrinseca del bene non conforme alle caratteristiche ordinarie, o espressamente promesse, l'altra per indicare la sussistenza di diritti di terzi sul bene, pur conforme alle attese: il fatto che i diritti di terzi incidano solo in parte dà luogo alla evizione parziale e non al vizio. Premesso ciò, la disciplina della vendita di cosa parzialmente altrui si applica in base alla situazione oggettiva della res alienata, sicché il trasferimento parziale del bene non dipende da una volontà del venditore in tal senso, ma dal principio di conservazione degli effetti negoziali che si esprime nell'art. 1480 c.c. (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 2015, n. 20347). Pertanto, l'obbligazione del venditore di restituire parte del prezzo, conseguente all'accoglimento dell'actio quanti minoris ex art. 1480 c.c., ha natura di rimborso a favore dell'acquirente che, in sé, non inerisce ad un'obbligazione risarcitoria, derivando dal venir meno, per effetto dell'accertamento della parziale alienità della cosa, della causa dell'obbligazione di pagamento dell'intero prezzo (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2019, n. 22087). Riferimenti Tarantino, Intelligenza artificiale: applicazioni innovative in condominio, in IUS Condominioelocazione.it, 28 aprile 2025. |