Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana
La Redazione
02 Settembre 2025
Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati come quelli edilizi e fiscali. Settimana 25 agosto – 31 agosto 2025.
Gli aspetti normativi
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.
Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 184 del 10 agosto 2025, lal. n. 118/2025 (conversione del d.l. n. 95/2025) in materia di recupero edilizio. In particolare, il Legislatore ha disposto una proroga del Superbonus 110% per le spese sostenute nel 2026 nei Comuni dei territori colpiti dagli eventi sismici nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. La proroga vale esclusivamente per i casi nei quali è stata esercitata l'opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura, nei limiti in cui ciò è ancora consentito ai sensi dell'art. 2, comma 3-ter.1, del d.l. n. 11/2023, nonché nei limiti delle risorse ivi previste.
Le questioni della giurisprudenza di legittimità
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.
La responsabilità del locatore delle immissioni intollerabili prodotte dal conduttore
Parte ricorrente riteneva che l'attività gastronomica, posta al piano sottostante, fosse fonte di intollerabili immissioni: il locale restava aperto fino alle prime ore dell'alba, e gli avventori facevano schiamazzi. Successivamente, a seguito di procedura d'urgenza con conseguenza cessazione dell'attività, i ricorrenti agivano nei confronti dei locatori, sottolineando che il locatore, in quanto custode della cosa locata, aveva la responsabilità delle immissioni causate dal conduttore. Secondo la Suprema Corte, invece, in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 c.c., per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi. Dunque, il locatore deve concorrere e non basta che ometta di diffidare il conduttore, ma questo suo concorso può anche consistere nel fatto di locare ben sapendo che il conduttore produrrà immissioni. Per le ragioni esposte, il ricorso è stato rigettato (Cass. civ., sez. III, 26 agosto 2025, n. 23881).
Le immissioni sonore che eccedono la normale tollerabilità
Nella vicenda, il gestore di un bar era stato accusato del reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.) con la conseguente ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Secondo il ricorrente, invece, l'istruttoria aveva dimostrato che la segnalazione circa i rumori molesti era pervenuta da un solo nucleo familiare; invece, la contravvenzione è integrata quando il disturbo è subìto da un numero indeterminato di persone, anche se soltanto una di esse se ne lamenti, di tal che erano irrilevanti le lamentele di una o più singole persone. Secondo la Suprema Corte, invece, la violazione penale sussiste solo in caso di violazione di precise “disposizioni della legge” o “prescrizioni dell'Autorità”, in assenza delle quali può sussistere la violazione laddove l'attività rumorosa ecceda la normale tollerabilità e offenda un numero potenzialmente indeterminato di persone, mentre in caso di mero superamento dei limiti di rumorosità troverà applicazione la sanzione amministrativa. Nel caso in esame, in assenza di espliciti riferimenti alla violazione di precise “disposizioni della legge” o “prescrizioni dell'Autorità”, la contestazione era riferita al comma 1 dell'art. 659 c.p. Tanto premesso, poiché per l'ipotesi di cui al comma 1 della disposizione è prevista la procedibilità a querela, l'assenza della stessa, non presentata nel termine di legge, escludeva la presenza della condizione di procedibilità. Pertanto, il ricorso è stato accolto con conseguente annullamento del provvedimento (Cass. pen., sez. I, 28 agosto 2025, n. 29866).
Le questioni della giurisprudenza di merito
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.
Il riconoscimento del credito del precedente amministratore
L'amministratore sosteneva che il rendiconto approvato dall'assemblea condominiale, contenendo un riconoscimento di debito nella parte in cui era stata approvata (anche) la posta per anticipazioni, avrebbe dimostrato la fondatezza della pretesa. Secondo il giudice, invece, la domanda di pagamento si fondava sull'assunto che l'assemblea, approvando il consuntivo, avrebbe deliberato un riconoscimento di debito nei confronti dell'amministratore cessato dalla carica, come se l'approvazione del rendiconto si estendesse ai documenti di corredo. In realtà, in forza dei criteri interpretativi da applicare, l'assemblea aveva approvato non l'intero “bilancio consuntivo ordinario”, inclusivo, tra gli altri, del documento addotto a sostegno della pretesa, ma soltanto il “rendiconto”, identificandolo nominativamente e indicando lo specifico importo, con l'inserimento, tra quelli approvati, di un altro importo, netto insoluto residuato dalla gestione dell'anno precedente. Pertanto, era evidente che, esclusa la rilevanza del verbale, mancava una prova dei fatti costitutivi del diritto al rimborso: pagamenti effettivi e documentati (o dimostrati comunque) riferibili a spese incluse tra quelle già approvate o ratificate dall'assemblea e delibera di approvazione. Né la prova poteva essere costituita dal verbale di consegna della documentazione inerente alla gestione condominiale, in cui il nuovo amministratore aveva solo preso atto della situazione contabile e in cui figurava il debito nei confronti del vecchio amministratore. Pertanto, la domanda è stata rigettata (Trib. Messina 28 agosto 2025, n. 1566).
La ripartizione delle spese del tetto nel condominio parziale
I condomini aveva chiesto l'annullamento della delibera dell'assembleare per violazione dei criteri di ripartizione. Il condominio, invece, riteneva che le spese di rifacimento del manto di copertura del tetto dovessero essere ripartite ai sensi dell'art. 1123, comma 3, c.c. in forza del richiamo del regolamento condominiale contrattuale. Premesso ciò, secondo il giudicante, sussiste condominio parziale ex lege ogni qualvolta un bene, rientrante tra quelli ex art. 1117 c.c., sia destinato, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, al servizio e/o godimento esclusivo di una parte soltanto dell'edificio. Nel caso in esame, il condominio era composto da due distinti corpi di fabbrica in relazione ai quali era evidente che la spesa relativa alla manutenzione della copertura di un corpo di fabbrica dovesse essere sostenuta solamente dai condomini proprietari delle unità facenti parte di tale corpo di fabbrica e ripartita tra gli stessi in relazione ai millesimi propri delle sole unità immobiliari comprese nel corpo di fabbrica secondario; regola, tra l'altro, prevista anche dal regolamento condominiale di natura contrattuale. Seppur esistente una consuetudine nelle precedenti decisioni assembleari, ancorché documentalmente contestata, la stessa non poteva andare contro il regolamento ed il codice civile ed in qualsiasi momento ogni condomino poteva chiedere l'applicazione dei criteri legali (e nel rispetto del regolamento). Pertanto, la domanda è stata rigettata (Trib. Udine 28 agosto 2025, n. 589).
Le modifiche dell'impianto elettrico nel condominio minimo
Nell'àmbito di un condominio minimo, le domande della parte attrice si fondavano sull'asserita esistenza di un impianto elettrico comune volto a servire la scala, al fine di garantirne l'illuminazione, nonché a consentire il funzionamento dei campanelli acustici e l'apertura automatica del portone di ingresso. In particolare, il contatore che serviva la scala condominiale era allacciato all'impianto elettrico ad esclusivo servizio dell'immobile di proprietà della convenuta, sicché era un contatore privato. Invero, per la realizzazione di un impianto comune sarebbe stata necessaria l'installazione di un nuovo contatore, ma parte attrice, pur asserendo di essersi attivata al fine di fornire il fabbricato di contatore e impianto comune, non aveva mai dedotto di aver preventivamente convocato un'assemblea condominiale ex art. 66, comma 2, disp. att. c.c. per proporre l'attuazione degli interventi necessari all'installazione di un impianto elettrico comune, costituente il presupposto necessario per assumere ulteriori iniziative. A ciò si aggiunga la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c. in caso di mancato accordo. Ne consegue che, in difetto di prova di preesistenti contatori funzionali a servizi comuni e di un impianto ad essi afferente, l'edificio non si era mai stato dotato di un impianto elettrico collegato ad un contatore comune a servizio della totalità dei condomini. Pertanto, la domanda è stata rigettata (Trib. Vibo Valentia 26 agosto 2025, n. 679).
Le modificazioni del rendiconto da parte dei condomini
I condomini impugnavano la delibera assembleare in quanto la maggioranza dei condomini, rispetto al consuntivo e preventivo redatto dall'amministratore, approvavano i consuntivi e preventivi da loro stessi modificati, creando due distinti consuntivi e preventivi per ogni esercizio, ignorando l'importo complessivo dei consumi in punto riscaldamento dell'intero condominio. Secondo il giudicante, non è possibile modificare e poi approvare il documento rielaborato nella medesima riunione, perché verrebbero lesi i diritti degli assenti che, nel decidere se partecipare o meno all'assemblea, si erano basati sul bilancio originario e, inoltre, non hanno avuto modo di esaminare le variazioni proposte dai revisori. I bilanci rielaborati dai revisori dei conti devono, quindi, essere discussi in una nuova assemblea e il punto relativo alla loro discussione e approvazione va inserito nell'ordine del giorno, affinché tutti i condomini siano messi a conoscenza dell'argomento. Pertanto non è ammesso che, pur in presenza dell'amministratore in carica, alcuni condomini, ancorché rappresentino la maggioranza del condominio, possano predisporre e approvare un loro consuntivo e preventivo diverso da quello redatto dall'amministratore (Trib. Udine 28 agosto 2025, n. 592).
La richiesta dell'amministratore dei dati catastali per l'ottenimento dei bonus edilizi
Il ricorrente condominio con ricorso ex art. 700 c.p.c. aveva chiesto di ordinare ai resistenti l'immediata consegna dei dati catastali e della piantina del locale sottostante l'androne condominiale; documentazione necessaria per l'installazione di un impianto ascensore commissionato con la normativa dello sconto in fattura del 75% da realizzarsi entro il 31 dicembre 2025. Ad avviso del giudice, nella fattispecie non sussisteva un pregiudizio, la cui irreparabilità giustificasse l'accesso alla tutela d'urgenza propria dell'art. 700 c.p.c.: il ricorrente, innanzitutto, lamentava, quale periculum, la perdita dello sconto in fattura, sicché gli eventuali danni, avendo natura patrimoniale, precludevano l'adozione di un provvedimento cautelare d'urgenza, ferma restando l'esperibilità della più consona azione ordinaria; inoltre, il pregiudizio lamentato ben poteva essere ovviato tramite un comportamento attivo dello stesso ricorrente (amministratore), secondo quanto prescritto, peraltro, dell'art. 1130, comma 1, n. 6, c.c. Difatti, non si comprendeva perché l'amministratore di condominio, una volta non ricevuta risposta adeguata, non avesse effettuato direttamente un'interrogazione al catasto, addebitandone i costi ai resistenti, anziché intentare il presente giudizio cautelare (Trib. Napoli 26 agosto 2025).
Le questioni della giurisprudenza amministrativa
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.
L'innalzamento vietato del sottotetto
In tal vicenda, la società aveva presentato una SCIA avente ad oggetto la realizzazione di “una nuova copertura a sostituzione di copertura esistente del sottotetto”. A seguito dell'esposto di alcuni condomini, il Comune ordinava il ripristino dello stato dei luoghi. Premesso ciò, secondo il giudice, era ammesso il recupero di sottotetti limitatamente a quelli aventi già le caratteristiche per l'abitabilità, per cui non poteva consentirsi un innalzamento di qualsiasi vano sottotetto, ma solo quelli che presentavano le caratteristiche indicate dalla legge. Nel caso di specie, la possibilità di recupero a fini abitativi era perclusa sia dalla mancanza di unità con destinazione residenziale, sia dall'assenza del requisito dell'altezza. Va evidenziato come la normativa è destinata ad operare nelle zone dove l'edificazione è già avvenuta o è stata trasformata, per cui la previsione, in sostanza, mira a garantire un equilibrio morfologico della zona e il coordinamento tra l'edificazione nuova e il contesto edilizio esistente. Pertanto, il ricorso è stato rigettato (TAR Lombardia-Milano 23 luglio 2025, n. 2859).
Riferimenti
Legge 8 agosto 2025, n. 118, in Gazzettaufficiale.it, 9 agosto 2025.
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