Le tabelle milanesi e di qualunque altro Foro restano criteri orientativi, non vincolanti per il giudice nella quantificazione del danno non patrimoniale

La Redazione
05 Settembre 2025

La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 24349/2025, si pronuncia su una controversia in materia di risarcimento danni per diffamazione, soffermandosi sulle modalità di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale e sul valore delle tabelle milanesi, romane (o di qualunque altro foro) di quantificazione. La Corte afferma che tali tabelle, pur rappresentando uno strumento orientativo utile per il giudice, non hanno valore normativo e non vincolano l'organo giudicante, che può ispirarsi ad esse, ma non è obbligato ad applicarle integralmente.

Con l'ordinanza n. 24349/2025, la Suprema Corte di Cassazione interviene nuovamente sulla vexata quaestio della natura e del valore delle tabelle milanesi (e, implicitamente, di quelle romane e di qualunque altro foro) nella liquidazione del danno non patrimoniale da diffamazione.

Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Milano aveva determinato il quantum risarcitorio in € 10.000, avvalendosi delle tabelle milanesi per le diffamazioni di “tenue gravità” (forbice tra € 1.000 e € 10.000). Il ricorrente principale lamentava che il giudice avesse motivato in modo generico e astratto, senza valutare adeguatamente i criteri delle tabelle e senza indicare il peso specifico dei vari elementi.

La Cassazione, respingendo la censura, chiarisce che le tabelle milanesi e quelle di qualsiasi altro foro “non hanno alcun valore normativo, non provenendo da un soggetto dotato di potestà legislativa e/o regolamentare. Si tratta, in effetti, di una mera proposta di usualità equiparativa, che può senz'altro ispirare… la valutazione che il giudice è tenuto a effettuare nell'ottica di equità quando non esistono regole normative specifiche di quantificazione; e il giudice non è però obbligato ad applicare siffatte tabelle né tantomeno, se decide di applicarle, ad applicarle in toto, integrando queste, appunto, solo uno degli strumenti potenzialmente utili per operare un'adeguata valutazione di merito del quantum risarcitorio”.

La Corte sottolinea inoltre che la motivazione circa la quantificazione è da ritenersi adeguata se complessivamente apprezzabile e che, in assenza di vizi logici o di motivazione apparente, non è sindacabile in sede di legittimità.

La decisione conferma e ribadisce l'orientamento secondo cui le tabelle milanesi e romane restano criteri orientativi, utili ma non vincolanti, lasciando al giudice il potere-dovere di motivare secondo equità e in relazione alle circostanze del caso concreto.

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