Linee Guida SIMLA: Luci ed ombre

10 Settembre 2025

L’Autore esamina il contenuto delle recenti “Buone pratiche cliniche di valutazione medico legale delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità permanente“ pubblicate in data 26 marzo 2025 sul Sito del Ministero della Salute cogliendo alcune criticità interpretative di ordine “tecnico - metodologico“ in antitesi tra loro  e foriere  di possibili “anomalie” di natura probatoria liquidativa del danno non patrimoniale.

Premessa

La recente pubblicazione delle Linee Guida Simla in tema di valutazione del danno alla Persona rappresenta  (per alcuni versi)  una pregevole iniziativa ed un  primo tentativo di coordinare, a livello Nazionale, il metodo accertativo medico legale  per la valutazione  della Invalidità permanente Biologica fornendo una contestuale razionalizzazione  dei “parametri“ convenzionali di disfunzionalità in cui inquadrare – secondo criterio probatorio scientifico di evidenza clinica e/o strumentale – le varie condizioni menomative obiettivate  in corso di indagine medico legale. Il riferimento a “ Linea Guida e  buone pratiche valutative medico legali”, tuttavia, si ferma qui: cioè esclusivamente sul “metodo scientifico richiesto dell’accertamento “quantitativo“ della invalidità permanente biologica”.

 Dalla lettura del documento emergono, infatti, alcune posizioni  che non possono essere condivise. Mi riferisco – in particolare - ai casi di valutazione del danno  in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie per arrivare alla aleatoria  proposta di “sartorializzazione” dei parametro della invalidità permanente.  Ipotesi valutativa , priva di metodologia “riproducibile “ che porterebbe  a sovrapporre e conglobare arbitrariamente differenti elementi costitutivi  di danno: la”causa”, cioè il parametro della invalidità permanente ( soggetto ad un tassativo un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale) con l’”effetto” cioè la ricaduta della menomazione sui comuni atti della vita quotidiana e sui comuni aspetti dinamico relazionali. Aspetti qualitativi del danno che non hanno rapporto automatico con l’Invalidità permanente biologica, il cui incremento o decremento segue esclusivamente riferimenti convenzionali di disfunzionalità anatomo –psichica.

Le Regole tecniche della valutazione della Invalidità Permanente

Il contributo della scienza medico-legale nel campo della valutazione del danno alla persona non ha finalità diagnostiche o terapeutiche, ma si propone principalmente di fornire all’operatore (giudice, liquidatore, avvocato) parametri tecnici fondati su un rigoroso accertamento clinico e/o strumentale di ogni specifica condizione menomativa.

La procedura prevede che, quanto accertato clinicamente o strumentalmente, venga successivamente inquadrato nel contesto di "variabili numeriche di disfunzionalità convenzionalmente precostituite” (quali usualmente delineate nei bareme medico-legali) al fine di pervenire alla stima delle “percentuali di invalidità permanente biologica” calcolate rispetto al valore assoluto del 100%, il quale rappresenta lo stato di perfetto funzionamento (psichico e fisico) dell’essere umano.

Il recente contributo fornito dalla SIMLA pubblicato sulle Linee Guida del Ministero della Salute   rappresenta di certo un importante, primo passo avanti nella ricerca di un inquadramento condiviso delle “ variabili “ convenzionali  numeriche in cui poter collocare , nei singoli casi,  i dati clinici e strumentali acquisiti dal medico legale nel corso del proprio accertamento tecnico.

Forse con la scelta di una modalità di condivisione ( quale quella della “Consensus”) è mancato, in certi ambiti, lo spazio per un correlato approfondimento ed aggiornamento scientifico dei Parametri, in termini di emendabilità o di compensazione di danno, mentre altre voci di danno non hanno trovato adeguato collocamento tabellare, probabilmente in relazione al mancato coinvolgimento diretto di altre Società Scientifiche. Motivo per cui saranno necessarie ulteriori “verifiche” ed “assestamenti” tecnici in previsione della formulazione definitiva del “Barème Nazionale” delle lesioni di non lieve entità 

Pur apprezzando lo sforzo organizzativo della Simla, dalla lettura del testo pubblicato parrebbero tuttavia emergere alcune discrepanze di ordine “metodologico” che pongono qualche serio dubbio sulla concreta valenza di “buona pratica clinica valutativa “delle stesse Linee Guida. Soprattutto in relazione ad alcune discutibili ipotesi interpretative del calcolo della Invalidità Permanente, rispetto ai presupposti giuridici di liquidazione del danno alla Persona.

Se da un lato l'encomiabile impegno profuso dagli Esperti SIMLA è stato quello di pervenire ( seppur con qualche carenza ) alla  definizione di uno “standard condiviso” delle principali variabili convenzionali di disfunzionalità , dall'altro la lettura di alcune “posizioni” espresse nel documento depositato  al Ministero della Salute appaiono contrastanti rispetto al  “ruolo ” attribuibile  al medico legale in relazione alla primaria  competenza di  accertatore del parametro di disfunzionalità anatomo-psichica del danneggiato

 Lo Statement 2.2 della Consensus dice correttamente che “…l’affermazione secondo cui la menomazione all’integrità psico-fisica debba essere espressa numericamente come misura percentuale si basa sulla necessità di un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale...”.

Principio assolutamente condivisibile trattandosi di  parametro quantitativo  numerico di “disfunzionalità” anatomo-psichica  che  può essere costituito da una singola componente menomativa o da più componenti  coesistenti o concorrenti tra loro, a seconda delle interferenze che queste possono determinare sulla validità funzionale complessiva di un singolo organo o apparato ovvero su più organi e apparati : il tutto, comunque ,  calcolato esclusivamente con riferimento ad un  100% di validità anatomo- psichica, che rappresenta l’ ottimale  funzionamento dell’essere umano , ma che, di certo, non stabilisce , in via automatica e proporzionale , l’effetto che  le  distinte disfunzionalità accertate determinano sul fare quotidiano e sul sentire del danneggiato (cioè  la reale  gravità della lesione del bene salute).

Valutazione del danno e stato anteriore

Se da un lato viene giustamente richiesta una “ tassatività ” nella metodologia valutativa  della Invalidità permanente,   al contrario,  nel paragrafo dedicato alla valutazione del danno in presenza di menomazioni preesistenti e di pregiudizio rispetto allo stato anteriore  emergono interpretazioni alquanto dissonanti ed in contrasto con la  “…necessità di un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale” che rappresentano – secondo le stesse indicazioni della SIMLA - la prima regola di buona pratica valutativa medico legale

 Nel testo della Linea Guida si  afferma in dettaglio quanto segue: ...." Nel caso in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie, le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda che le interazioni tra menomazioni e preesistenze aumentino ovvero diminuiscano il danno da lesione rispetto ai valori medi previsti (ad esempio: il valore tabellato per la perdita di un occhio andrà maggiorato nel caso la lesione si verifichi in un soggetto monocolo o con deficit visivo nell’occhio controlaterale; viceversa, il valore tabellato per una anchilosi di caviglia andrà ridotto se la menomazione si realizza in un soggetto paraplegico..

La questione in esame concerne principalmente i casi in cui la menomazione colpisce organi o apparati già affetti da patologie o conseguenze di patologie preesistenti. La prospettiva valutativa delineata nel documento, che propone un'unica e indefinita maggiorazione del danno in presenza di menomazioni concorrenti preesistenti, oltre a non fornire una qualche minima  metodologia , incrementativa o riduttiva,  del corrispondente parametro tabellato previsto per la specifica menomazione accertata) , si contrappone nettamente con le  recenti indicazioni della Cassazione riguardo al danno incrementativo.

 Infatti, nei casi in cui una menomazione concorrente sopravvenuta  dimostri una chiara efficienza causale nel determinare un peggioramento oggettivo , non solo quantitativo , ma anche – e soprattutto – qualitativo-  sulle attività quotidiane ed aspetti relazionali del danneggiato, il computo del danno dovrà ragionevolmente seguire il criterio  “ differenziale “ e sarà  altresì fondamentale considerare la sofferenza correlata all’ulteriore disvalore funzionale realizzatosi

 L’indicazione proposta dagli Esperti Simla (vedasi il  riferimento ad un  deficit visivo insorto nell'occhio destro in un soggetto privo della funzione visiva controlaterale ) sarebbe  quella di aumentare il solo parametro quantitativo della  lesione sopravvenuta. Affermazione che   risente  chiaramente di una certa “ arbitrarietà” applicativa  tecnica ,mancando una correlata indicazione metodologica scientifica, ed è sostanzialmente in antitesi con i principi di rigorosità accertativa previsti dalla stesse Linee Guida  che impongono una valutazione aderente ai riscontri clinico – strumentali obiettivati….

 Se un soggetto monocolo perde la funzione dell’occhio superstite diventa cieco : Quindi portatore di una complessiva condizione menomativa  che , di certo,  non potrà essere valutata con una percentuale di  Invalidità permanente solo un po’ maggiore di quella prevista per  la  perdita della funzione visiva di un solo occhio!

Criticità  analoghe emergono anche nella proposta  di ridurre l'entità del danno biologico accertato in presenza di condizioni menomative preesistenti già responsabili di grave disabilità dell'apparato lesionato, senza fornire, tuttavia, alcuna indicazione sul metodo con cui pervenire a tale riduzione. L'esempio dell'“anchilosi della tibiotarsica” in soggetto paraplegico potrebbe avere una logica liquidativa , a condizione che il percorso per giungere a una valutazione “riduzionistica” del danno alla persona  sia chiaramente articolato dal Consulente:   definendo preliminarmente l'esatta entità della menomazione calcolata secondo il Bareme, integrata dal riscontro della concreta ed effettiva  ricaduta esistenziale della stessa rispetto allo stato preesistente ( esprimendo quindi necessariamente un parametro qualitativo , utilizzabile dal Giudice secondo proprio giudizio equitativo).

In tale contesto, è opportuno non dimenticare che, in alcune circostanze, anche modesti incrementi di disfunzionalità su gravi stati patologici possono assumere un'importanza significativa per aspetti specifici "dinamici" allegati dal soggetto danneggiato: come ad esempio, per  l'amputazione dell'alluce o per esiti di lesioni metatarsali plurime, in un paraplegico che svolge periodica attività riabilitativa assistita, che richiede ortostatismo prolungato. Da ciò ne deriva la necessità di stimare comunque con precisione “l’esatta entità della menomazione tabellata”: percentuale cui far oggettivamente riferimento per  la relativa posta   risarcitoria di personalizzazione del danno.

Valutazione del danno nell’Anziano 

Qualche  incertezza interpretativa  emerge anche  nei casi di valutazione degli anziani. Nelle Linee Guida si afferma infatti :”…. Particolare cautela dovrà esser riservata alla valutazione dei danni verificatisi in soggetti anziani o comunque fragili e/o vulnerabili: le indicazioni della dottrina medico-legale prevedono che nella valutazione del danno biologico permanente in questi soggetti debbano essere adeguatamente valorizzati i prolungati tempi di recupero così come le minori capacità di adattamento alla condizione menomativa finale. Proprio in considerazione delle ridotte capacità di recupero e adattamento ad una menomazione, quando di questa emerga una chiara evidenza in sede di accertamento definitivo, è legittimo derogare dal valore tabellare previsto per le disfunzionalità del distretto leso, indicando una percentuale di danno permanente biologico più elevata".

Si deve considerare che l'età avanzata o qualsiasi condizione di fragilità costituiscono sempre e comunque una “concausa naturale”  nella quale si inserisce la lesione sopravvenuta a seguito di un fatto illecito. Il problema valutativo, in tali circostanze, risiede nell'accertare la “gravità” della concausa naturale ovvero:

1) se essa risulti oggettivamente patologica, pur conservando, al danneggiato,  una capacità residua o parziale di svolgere le attività quotidiane e di godere delle relazioni sociali… ovvero

2) se sia rappresentata da una semplice predisposizione o da una condizione para fisiologica rispetto all'età biologica del soggetto danneggiato, che non interferiscono con le attività quotidiane e nei comuni aspetti delle dinamiche relazionali compatibili con l’età dello stesso.

 

L'invalidità permanente che si manifesta a seguito della stabilizzazione di lesione sopravvenuta “ concorrente “  dovrebbe essere valutata :  nel primo caso in conformità alle indicazioni fornite dalla Cassazione, cioè attraverso un criterio incrementativo differenziale . Nel secondo caso, quale “unico danno invalidante” derivante dal complessivo quadro clinico menomativo accertato, che – ovviamente – potrà essere anche maggiore rispetto alla “ variabili tabellate “ previste nel Barème considerando estensivamente l’incidenza della menomazione sulla complessiva validità funzionale dell’organo o apparato coinvolto.

Qualora la lesione sopravvenuta non interferisca con organi o apparati già menomati (cioè sia coesistente ) , il corrispondente grado di invalidità permanente andrà necessariamente valutato a sè stante, sulla scorta degli usuali criteri clinico strumentali , in sintonia con gli stessi orientamenti giurisprudenziali della Cassazione

La Valutazione Sartoriale

Molte perplessità di ordine “tecnico” valutativo emergono infine dalla nuova proposta degli Esperti Simla relativa alla al concetto di “Valutazione Sartoriale”. Nel testo si afferma infatti che :  

..". Qualora poi la menomazione da valutare travalichi il distretto leso e determini una incidenza negativa sul complessivo funzionamento del danneggiato, si dovrà ricorrere ad una valutazione “omnicomprensiva” di tipo sartoriale, verificando in che misura si sia ridotta la capacità del leso di compiere gli atti della sua vita quotidiana, ossia quelli che, nonostante le disabilità di cui era già portatore, era in grado di compiere prima dell’evento lesivo di cui è rimasto vittima .La ricostruzione dello stato anteriore, che dunque rappresenta il momento cardine dell’attività valutativa, deve fondarsi su un approccio metodologico rigoroso e deve indagare nel dettaglio non solo la sfera prettamente clinica, ma anche lo status funzionale nelle sue differenti estrinsecazioni (quotidianità, relazionalità, socialità).

Trattasi di affermazione  contrastante con lo  stesso principio enunciato dalla SIMLA allo statement 2.2 della “Consensus“ e pertanto  priva di valenza scientifica medico legale , non suffragata da alcuna  correlata indicazione metodologica (ergo passibile di arbitrarietà valutativa) e  viziata – a nostro parere  -  da  alcuni evidenti “errori concettuali” medico legali e soprattutto “giuridico- risarcitori “  

Preliminarmente è necessario  considerare  alcuni aspetti fondamentali

  1.  Il parametro dell'Invalidità permanente rappresenta una semplice  “misurazione percentuale” di disfunzionalità biologica, che (come dichiarato nello stesso documento) si fonda sulla necessità di un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale. Il parametro della Invalidità permanente (basato su elementi di evidenza  scientifica) rappresenta infatti  – in un sistema tabellare di Liquidazione –  autonomo riferimento probatorio risarcitorio.
  2.  Non esiste alcun rapporto automatico e proporzionale tra invalidità permanente biologica (la causa) e le conseguenze della stessa sugli atti della vita quotidiana e sugli aspetti dinamico-relazionali comuni (l’effetto). Risulta pertanto “incongruo”, sia dal punto di vista tecnico sia, soprattutto, risarcitorio, ipotizzare un aumento della percentuale di Invalidità permanente – ovvero un parametro quantitativo soggetto a regole esclusivamente scientifiche e che deve necessariamente conformarsi a presupposti di concorrenza e coesistenza disfunzionale  in relazione all’evidenza di un minor o maggior “effetto esistenziale” della menomazione accertata sul disabile:

Modulazione che , invece  dovrebbe  richiedere un parametro qualitativo (cioè la sofferenza correlata: principio già noto  e condiviso anche  in Simla)  che rappresenta  “un indicatore” della ricaduta esistenziale , utilizzabile  dal Giudice (o dall’Operatore) secondo propria ed esclusiva discrezionalità , seguendo i principi   di “ integralità” ed ”equità” e per fornire contestualmente   un inquadramento “tecnico“ della reale gravità della lesione del bene salute,  in quello specifico soggetto: compiti  che – chiaramente - èsulano dalle competenze accertative del  medico legale, col rischio  che il proposto metodo “sartoriale” venga a condizionare, arbitrariamente,  gli stessi criteri applicativi della Tabella Unica di Liquidazione delle lesioni di non lieve entità.

In conclusione

La proposta sui generis di “sartorializzazione” (peraltro priva di una qualche minima indicazione metodologica e più simile ad una personalizzazione del danno) determinerebbe – in pratica - un incremento automatico e arbitrario” della posta risarcitoria “base” del tabella di liquidazione, sostituendosi e by passando la verifica giuridico- probatoria della stessa che spetta esclusivamente all’Operatore del Settore (Giudice, Avvocato, Liquidatore).

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