L’Autore esamina il contenuto delle recenti “Buone pratiche cliniche di valutazione medico legale delle menomazioni alla integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità permanente“ pubblicate in data 26 marzo 2025 sul Sito del Ministero della Salute cogliendo alcune criticità interpretative di ordine “tecnico - metodologico“ in antitesi tra loro e foriere di possibili “anomalie” di natura probatoria liquidativa del danno non patrimoniale.
Premessa
La recente pubblicazione delle Linee Guida Simla in tema di valutazione del danno alla Persona rappresenta (per alcuni versi) una pregevole iniziativa ed un primo tentativo di coordinare, a livello Nazionale, il metodo accertativo medico legale per la valutazione della Invalidità permanente Biologica fornendo una contestuale razionalizzazione dei “parametri“ convenzionali di disfunzionalità in cui inquadrare – secondo criterio probatorio scientifico di evidenza clinica e/o strumentale – le varie condizioni menomative obiettivate in corso di indagine medico legale. Il riferimento a “ Linea Guida e buone pratiche valutative medico legali”, tuttavia, si ferma qui: cioè esclusivamente sul “metodo scientifico richiesto dell’accertamento “quantitativo“ della invalidità permanente biologica”.
Dalla lettura del documento emergono, infatti, alcune posizioni che non possono essere condivise. Mi riferisco – in particolare - ai casi di valutazione del danno in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie per arrivare alla aleatoria proposta di “sartorializzazione” dei parametro della invalidità permanente. Ipotesi valutativa , priva di metodologia “riproducibile “ che porterebbe a sovrapporre e conglobare arbitrariamente differenti elementi costitutivi di danno: la”causa”, cioè il parametro della invalidità permanente ( soggetto ad un tassativo un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale) con l’”effetto” cioè la ricaduta della menomazione sui comuni atti della vita quotidiana e sui comuni aspetti dinamico relazionali. Aspetti qualitativi del danno che non hanno rapporto automatico con l’Invalidità permanente biologica, il cui incremento o decremento segue esclusivamente riferimenti convenzionali di disfunzionalità anatomo –psichica.
Le Regole tecniche della valutazione della Invalidità Permanente
Il contributo della scienza medico-legale nel campo della valutazione del danno alla persona non ha finalità diagnostiche o terapeutiche, ma si propone principalmente di fornire all’operatore (giudice, liquidatore, avvocato) parametri tecnici fondati su un rigoroso accertamento clinico e/o strumentale di ogni specifica condizione menomativa.
La procedura prevede che, quanto accertato clinicamente o strumentalmente, venga successivamente inquadrato nel contesto di "variabili numeriche di disfunzionalità convenzionalmente precostituite” (quali usualmente delineate nei bareme medico-legali) al fine di pervenire alla stima delle “percentuali di invalidità permanente biologica” calcolate rispetto al valore assoluto del 100%, il quale rappresenta lo stato di perfetto funzionamento (psichico e fisico) dell’essere umano.
Il recente contributo fornito dalla SIMLA pubblicato sulle Linee Guida del Ministero della Salute rappresenta di certo un importante, primo passo avanti nella ricerca di un inquadramento condiviso delle “ variabili “ convenzionali numeriche in cui poter collocare , nei singoli casi, i dati clinici e strumentali acquisiti dal medico legale nel corso del proprio accertamento tecnico.
Forse con la scelta di una modalità di condivisione ( quale quella della “Consensus”) è mancato, in certi ambiti, lo spazio per un correlato approfondimento ed aggiornamento scientifico dei Parametri, in termini di emendabilità o di compensazione di danno, mentre altre voci di danno non hanno trovato adeguato collocamento tabellare, probabilmente in relazione al mancato coinvolgimento diretto di altre Società Scientifiche. Motivo per cui saranno necessarie ulteriori “verifiche” ed “assestamenti” tecnici in previsione della formulazione definitiva del “Barème Nazionale” delle lesioni di non lieve entità
Pur apprezzando lo sforzo organizzativo della Simla, dalla lettura del testo pubblicato parrebbero tuttavia emergere alcune discrepanze di ordine “metodologico” che pongono qualche serio dubbio sulla concreta valenza di “buona pratica clinica valutativa “delle stesse Linee Guida. Soprattutto in relazione ad alcune discutibili ipotesi interpretative del calcolo della Invalidità Permanente, rispetto ai presupposti giuridici di liquidazione del danno alla Persona.
Se da un lato l'encomiabile impegno profuso dagli Esperti SIMLA è stato quello di pervenire ( seppur con qualche carenza ) alla definizione di uno “standard condiviso” delle principali variabili convenzionali di disfunzionalità , dall'altro la lettura di alcune “posizioni” espresse nel documento depositato al Ministero della Salute appaiono contrastanti rispetto al “ruolo ” attribuibile al medico legale in relazione alla primaria competenza di accertatore del parametro di disfunzionalità anatomo-psichica del danneggiato
Lo Statement 2.2 della Consensus dice correttamente che “…l’affermazione secondo cui la menomazione all’integrità psico-fisica debba essere espressa numericamente come misura percentuale si basa sulla necessità di un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale...”.
Principio assolutamente condivisibile trattandosi di parametro quantitativo numerico di “disfunzionalità” anatomo-psichica che può essere costituito da una singola componente menomativa o da più componenti coesistenti o concorrenti tra loro, a seconda delle interferenze che queste possono determinare sulla validità funzionale complessiva di un singolo organo o apparato ovvero su più organi e apparati : il tutto, comunque , calcolato esclusivamente con riferimento ad un 100% di validità anatomo- psichica, che rappresenta l’ ottimale funzionamento dell’essere umano , ma che, di certo, non stabilisce , in via automatica e proporzionale , l’effetto che le distinte disfunzionalità accertate determinano sul fare quotidiano e sul sentire del danneggiato (cioè la reale gravità della lesione del bene salute).
Valutazione del danno e stato anteriore
Se da un lato viene giustamente richiesta una “ tassatività ” nella metodologia valutativa della Invalidità permanente, al contrario, nel paragrafo dedicato alla valutazione del danno in presenza di menomazioni preesistenti e di pregiudizio rispetto allo stato anteriore emergono interpretazioni alquanto dissonanti ed in contrasto con la “…necessità di un percorso riproducibile di evidenza clinica e semeiotica medico-legale” che rappresentano – secondo le stesse indicazioni della SIMLA - la prima regola di buona pratica valutativa medico legale
Nel testo della Linea Guida si afferma in dettaglio quanto segue: ...." Nel caso in cui la menomazione interessi organi od apparati già sede di patologie od esiti di patologie, le indicazioni date dalla tabella andranno modificate a seconda che le interazioni tra menomazioni e preesistenze aumentino ovvero diminuiscano il danno da lesione rispetto ai valori medi previsti (ad esempio: il valore tabellato per la perdita di un occhio andrà maggiorato nel caso la lesione si verifichi in un soggetto monocolo o con deficit visivo nell’occhio controlaterale; viceversa, il valore tabellato per una anchilosi di caviglia andrà ridotto se la menomazione si realizza in un soggetto paraplegico..
La questione in esame concerne principalmente i casi in cui la menomazione colpisce organi o apparati già affetti da patologie o conseguenze di patologie preesistenti. La prospettiva valutativa delineata nel documento, che propone un'unica e indefinita maggiorazione del danno in presenza di menomazioni concorrenti preesistenti, oltre a non fornire una qualche minima metodologia , incrementativa o riduttiva, del corrispondente parametro tabellato previsto per la specifica menomazione accertata) , si contrappone nettamente con le recenti indicazioni della Cassazione riguardo al danno incrementativo.
Infatti, nei casi in cui una menomazione concorrente sopravvenuta dimostri una chiara efficienza causale nel determinare un peggioramento oggettivo , non solo quantitativo , ma anche – e soprattutto – qualitativo- sulle attività quotidiane ed aspetti relazionali del danneggiato, il computo del danno dovrà ragionevolmente seguire il criterio “ differenziale “ e sarà altresì fondamentale considerare la sofferenza correlata all’ulteriore disvalore funzionale realizzatosi
L’indicazione proposta dagli Esperti Simla (vedasi il riferimento ad un deficit visivo insorto nell'occhio destro in un soggetto privo della funzione visiva controlaterale ) sarebbe quella di aumentare il solo parametro quantitativo della lesione sopravvenuta. Affermazione che risente chiaramente di una certa “ arbitrarietà” applicativa tecnica ,mancando una correlata indicazione metodologica scientifica, ed è sostanzialmente in antitesi con i principi di rigorosità accertativa previsti dalla stesse Linee Guida che impongono una valutazione aderente ai riscontri clinico – strumentali obiettivati….
Se un soggetto monocolo perde la funzione dell’occhio superstite diventacieco : Quindi portatore di una complessiva condizione menomativa che , di certo, non potrà essere valutata con una percentuale di Invalidità permanente solo un po’ maggiore di quella prevista per la perdita della funzione visiva di un solo occhio!
Criticità analoghe emergono anche nella proposta di ridurre l'entità del danno biologico accertato in presenza di condizioni menomative preesistenti già responsabili di grave disabilità dell'apparato lesionato, senza fornire, tuttavia, alcuna indicazione sul metodo con cui pervenire a tale riduzione. L'esempio dell'“anchilosi della tibiotarsica” in soggetto paraplegico potrebbe avere una logica liquidativa , a condizione che il percorso per giungere a una valutazione “riduzionistica” del danno alla persona sia chiaramente articolato dal Consulente: definendo preliminarmente l'esatta entità della menomazione calcolata secondo il Bareme, integrata dal riscontro della concreta ed effettiva ricaduta esistenziale della stessa rispetto allo stato preesistente ( esprimendo quindi necessariamente un parametro qualitativo , utilizzabile dal Giudice secondo proprio giudizio equitativo).
In tale contesto, è opportuno non dimenticare che, in alcune circostanze, anche modesti incrementi di disfunzionalità su gravi stati patologici possono assumere un'importanza significativa per aspetti specifici "dinamici" allegati dal soggetto danneggiato: come ad esempio, per l'amputazione dell'alluce o per esiti di lesioni metatarsali plurime, in un paraplegico che svolge periodica attività riabilitativa assistita, che richiede ortostatismo prolungato. Da ciò ne deriva la necessità di stimare comunque con precisione “l’esatta entità della menomazione tabellata”: percentuale cui far oggettivamente riferimento per la relativa posta risarcitoria di personalizzazione del danno.
Valutazione del danno nell’Anziano
Qualche incertezza interpretativa emerge anche nei casi di valutazione degli anziani. Nelle Linee Guida si afferma infatti :”…. Particolare cautela dovrà esser riservata alla valutazione dei danni verificatisi in soggetti anziani o comunque fragili e/o vulnerabili: le indicazioni della dottrina medico-legale prevedono che nella valutazione del danno biologico permanente in questi soggetti debbano essere adeguatamente valorizzati i prolungati tempi di recupero così come le minori capacità di adattamento alla condizione menomativa finale. Proprio in considerazione delle ridotte capacità di recupero e adattamento ad una menomazione, quando di questa emerga una chiara evidenza in sede di accertamento definitivo, è legittimo derogare dal valore tabellare previsto per le disfunzionalità del distretto leso, indicando una percentuale di danno permanente biologico più elevata".
Si deve considerare che l'età avanzata o qualsiasi condizione di fragilità costituiscono sempre e comunque una “concausa naturale” nella quale si inserisce la lesione sopravvenuta a seguito di un fatto illecito. Il problema valutativo, in tali circostanze, risiede nell'accertare la “gravità” della concausa naturale ovvero:
1) se essa risulti oggettivamente patologica, pur conservando, al danneggiato, una capacità residua o parziale di svolgere le attività quotidiane e di godere delle relazioni sociali… ovvero
2) se sia rappresentata da una semplice predisposizione o da una condizione para fisiologica rispetto all'età biologica del soggetto danneggiato, che non interferiscono con le attività quotidiane e nei comuni aspetti delle dinamiche relazionali compatibili con l’età dello stesso.
L'invalidità permanente che si manifesta a seguito della stabilizzazione di lesione sopravvenuta “ concorrente “ dovrebbe essere valutata : nel primo caso in conformità alle indicazioni fornite dalla Cassazione, cioè attraverso un criterio incrementativo differenziale . Nel secondo caso, quale “unicodanno invalidante” derivante dal complessivo quadro clinico menomativo accertato, che – ovviamente – potrà essere anche maggiore rispetto alla “ variabili tabellate “ previste nel Barème considerando estensivamente l’incidenza della menomazione sulla complessiva validità funzionale dell’organo o apparato coinvolto.
Qualora la lesione sopravvenuta non interferisca con organi o apparati già menomati (cioè sia coesistente ) , il corrispondente grado di invalidità permanente andrà necessariamente valutato a sè stante, sulla scorta degli usuali criteri clinico strumentali , in sintonia con gli stessi orientamenti giurisprudenziali della Cassazione
La Valutazione Sartoriale
Molte perplessità di ordine “tecnico” valutativo emergono infine dalla nuova proposta degli Esperti Simla relativa alla al concetto di “Valutazione Sartoriale”. Nel testo si afferma infatti che :
..". Qualora poi la menomazione da valutare travalichi il distretto leso e determini una incidenza negativa sul complessivo funzionamento del danneggiato, si dovrà ricorrere ad una valutazione “omnicomprensiva” di tipo sartoriale, verificando in che misura si sia ridotta la capacità del leso di compiere gli atti della sua vita quotidiana, ossia quelli che, nonostante le disabilità di cui era già portatore, era in grado di compiere prima dell’evento lesivo di cui è rimasto vittima .La ricostruzione dello stato anteriore, che dunque rappresenta il momento cardine dell’attività valutativa, deve fondarsi su un approccio metodologico rigoroso e deve indagare nel dettaglio non solo la sfera prettamente clinica, ma anche lo status funzionale nelle sue differenti estrinsecazioni (quotidianità, relazionalità, socialità).
Trattasi di affermazione contrastante con lo stesso principio enunciato dalla SIMLA allo statement 2.2 della “Consensus“ e pertanto priva di valenza scientifica medico legale , non suffragata da alcuna correlata indicazione metodologica (ergo passibile di arbitrarietà valutativa) e viziata – a nostro parere - da alcuni evidenti “errori concettuali” medico legali e soprattutto “giuridico- risarcitori “
Preliminarmente è necessario considerare alcuni aspetti fondamentali
Il parametro dell'Invalidità permanente rappresenta una semplice “misurazione percentuale” di disfunzionalità biologica, che (come dichiarato nello stesso documento) si fonda sulla necessità di un percorso riproducibiledi evidenza clinica e semeiotica medico-legale. Il parametro della Invalidità permanente (basato su elementi di evidenza scientifica) rappresenta infatti – in un sistema tabellare di Liquidazione – autonomo riferimento probatorio risarcitorio.
Non esiste alcun rapporto automatico e proporzionale tra invalidità permanente biologica (la causa) e le conseguenze della stessa sugli atti della vita quotidiana e sugli aspetti dinamico-relazionali comuni (l’effetto). Risulta pertanto “incongruo”, sia dal punto di vista tecnico sia, soprattutto, risarcitorio, ipotizzare un aumento della percentuale di Invalidità permanente – ovvero un parametro quantitativo soggetto a regole esclusivamente scientifiche e che deve necessariamente conformarsi a presupposti di concorrenza e coesistenza disfunzionale - in relazione all’evidenza di un minor o maggior “effetto esistenziale” della menomazione accertata sul disabile:
Modulazione che , invece dovrebbe richiedere un parametro qualitativo (cioè la sofferenza correlata: principio già noto e condiviso anche in Simla) che rappresenta “un indicatore” della ricaduta esistenziale , utilizzabile dal Giudice (o dall’Operatore) secondo propria ed esclusiva discrezionalità, seguendo i principi di “ integralità” ed ”equità” e per fornire contestualmente un inquadramento “tecnico“ della reale gravità della lesione del bene salute, in quello specifico soggetto: compiti che – chiaramente - èsulano dalle competenze accertative del medico legale, col rischio che il proposto metodo “sartoriale” venga a condizionare, arbitrariamente, gli stessi criteri applicativi della Tabella Unica di Liquidazione delle lesioni di non lieve entità.
In conclusione
La proposta sui generis di “sartorializzazione” (peraltro priva di una qualche minima indicazione metodologica e più simile ad una personalizzazione del danno) determinerebbe – in pratica - un incremento automaticoe arbitrario” della posta risarcitoria “base” del tabella di liquidazione, sostituendosi e by passando la verifica giuridico- probatoria della stessa che spetta esclusivamente all’Operatore del Settore (Giudice, Avvocato, Liquidatore).
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Le Regole tecniche della valutazione della Invalidità Permanente