Composizione negoziata liquidatoria
23 Giugno 2025
Massima Non è consentito l’accesso alla composizione negoziata all’impresa, che, sin dall’inizio, intenda cessare l’attività e liquidare in forma disaggregata il proprio patrimonio, senza alcuna prospettiva di prosecuzione, diretta o indiretta, dell’impresa e senza finalità di risanamento economico-finanziario. La composizione negoziata è finalizzata al risanamento dell’impresa in funzionamento, da intendersi come ripristino dell’equilibrio economico-finanziario funzionale alla continuazione dell’attività, e non può risolversi in una mera ristrutturazione del passivo priva di un piano industriale. Il caso Nel caso di specie, la società faceva istanza per la Composizione negoziata della crisi (CNC) ex artt. 17 e 18 CCI. Già con il decreto di fissazione di udienza erano state evidenziate criticità in ordine alla perseguibilità di un piano meramente liquidatorio di tipo atomistico, cioè in assenza, sin dall'origine, di una azienda in esercizio o con possibilità di ripresa dell'attività, disponendosi quindi la convocazione della sola ricorrente e dell'esperto e riservando l'integrazione del contraddittorio all'esito dell'udienza stessa. L'Esperto nel proprio parere aveva confermato che il Piano, come modificato rispetto alla prospettazione originaria, manteneva la propria natura liquidatoria, ma prevedeva apporti di finanza terza dei soci, con la possibilità, così, di presentare una soluzione migliorativa “per tempi e valori riconosciuti ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e, conseguentemente, idoneo a perseguire un risanamento “oggettivo”. Erano peraltro ancora in corso alcune commesse, ma l'obiettivo era “quello di interrompere l'attività d'impresa e mettere in liquidazione la Società, procedendo alla vendita delle scorte di magazzino e degli altri cespiti strumentali, sondando, a stretto giro, l'eventuale interesse all'acquisto da parte di clienti o di imprese competitor”. In questa prospettiva, secondo l'Esperto, la soluzione di ristrutturazione del debito non appariva implausibile, così come il raggiungimento di accordi con i creditori, per cui le misure protettive apparivano strumentali alle trattative, anche se allo stato non risultavano in atto attività esecutive nei confronti della società ricorrente. La questione All'udienza veniva nuovamente sottoposta alla ricorrente la questione della percorribilità della composizione negoziata in caso di assenza di continuità d'impresa, neppure in forma indiretta, e la società evidenziava come i dati normativi, alla luce delle modifiche del correttivo di settembre 2024 al Codice della crisi, propendevano per l'inclusione nel percorso della CNC anche di imprese che intendessero liquidarsi tramite un accordo con i propri creditori, come anche confermato anche da alcuni precedenti di merito. In sostanza, quindi, la questione riguardava se la composizione negoziata rappresentasse o meno un percorso cui potesse avere accesso un soggetto imprenditoriale che intendesse proporre un piano interamente liquidatorio, anche alla luce di una proposta migliorativa per i creditori rispetto all'alternativa liquidatoria giudiziale. La ricorrente sosteneva che, a seguito del c.d. Correttivo di settembre 2024, l'esplicitazione della possibilità di accesso alla composizione negoziata anche a imprese in stato di “insolvenza” e la previsione, all'art. 23 comma 2 CCI, di esiti quali il concordato semplificato e gli altri strumenti di regolazione della crisi – tra cui l'accordo di ristrutturazione e il concordato liquidatorio – non più quali alternative al mancato raggiungimento di accordi, ma quale approdo fisiologico, aveva sancito la possibilità di accedere alla CNC proponendo un piano meramente liquidatorio. Se infatti tali soluzioni alternative erano fisiologiche agli accordi, non si comprendeva, secondo la società, perché allora le stesse non potevano essere, fin dall'inizio, oggetto della proposta e del piano sottoposti ai creditori. La soluzione giuridica Il Tribunale non concordava con tale linea e riteneva che la finalità liquidatoria non fosse compatibile con la ratio della CNC, che si fonda sull'obiettivo del risanamento dell'impresa e non sulla sola ristrutturazione del debito. Il giudice analizzava quindi l'evoluzione normativa, concludendo che la composizione negoziata è (ancora) riservata solo a quelle imprese in grado di presentare un piano idoneo a consentire la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, anche in capo a terzi (continuità indiretta), non potendo risolversi in un piano esclusivamente liquidatorio. La soluzione interpretativa propugnata era pertanto in contrasto con la finalità dell'istituto, laddove l'art. 12 comma 1 CCI individua quali condizioni di ricorso alla CNC il fatto che l'imprenditore versi in condizione di squilibrio patrimoniale o economico finanziario, di crisi o di insolvenza (purché reversibile) e risulti “ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa”. Il termine “risanamento dell'impresa”, secondo il Tribunale, definisce infatti un ambito ben diverso da quello di ristrutturazione delle passività, perché fa riferimento al ripristino di un equilibrio economico finanziario che si attaglia all'impresa in funzionamento (o che si propone di riprendere ad operare come tale), laddove scopo della composizione non è quindi la semplice ristrutturazione del debito esistente, ma la possibilità di prosecuzione dell'attività imprenditoriale, in via diretta o indiretta, resa possibile proprio grazie alle iniziative programmate per superare la situazione di squilibrio, crisi o insolvenza esistente al momento dell'accesso alla composizione. In sostanza, come precisato anche dal Tribunale di Verona con Decreto del 10 Marzo 2025, “La ristrutturazione del debito, … costituisce un passaggio necessario (unitamente alle altre iniziative industriali e di discontinuità rispetto al passato) per conseguire l'obiettivo finale del risanamento dell'impresa e non può costituire essa stessa la finalità della composizione prescindendo dalla possibilità di consentire all'impresa (a tal fine, appunto, risanata) di proseguire la propria attività”. Il progetto di piano di risanamento di cui all'art. 19, c. 2 lett. d) CCII, quindi, non potrà limitarsi a prevedere la mera liquidazione dei beni del debitore. A conferma di tale conclusione rilevano anche altri indici normativi, che presuppongono la prosecuzione dell'attività d'impresa, quali:
Tutti tali indici esplicitano “che all'imprenditore è richiesto di elaborare un vero e proprio piano industriale di risanamento in ottica di continuità dell'attività di impresa e non certo un semplice piano di dismissione dei propri beni finalizzato solo ad acquisire le risorse per garantire una soddisfazione almeno parziale ai creditori, con mera ristrutturazione del debito e senza alcuna realistica e fondata prospettiva di prosecuzione dell'attività di impresa” (Tribunale di Verona citato). Tanto premesso, l'argomento secondo cui la modifica del secondo comma dell'art. 23 CCI espliciterebbe la volontà legislativa di estendere il percorso di CNC anche all'impresa insolvente che intenda procedere alla propria liquidazione disaggregata attraverso le trattative “assistite” per giungere a un accordo con i creditori, o, indifferentemente, approdare agli strumenti giudiziali liquidatori previsti dal Codice della crisi, secondo il Tribunale, non pare fondato. L'intento legislativo non è infatti quello di rendere indifferenti i presupposti di accesso alla composizione in ragione dei suoi possibili sbocchi, ma solo quello di far “apprezzare” il percorso anche laddove non conduca a un accordo con i creditori (o il risanamento si sia rivelato comunque non concretamente perseguibile). Vi è, infine, anche un'ulteriore ragione per respingere la tesi della compatibilità tra CNC e piano originariamente liquidatorio, ovvero la possibilità di eludere il chiaro dato normativo che impone all'imprenditore che intenda procedere alla liquidazione atomistica del proprio patrimonio in via negoziale attraverso un “apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10 per cento l'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento del loro ammontare complessivo” (art. 84 comma 4 CCI). Tale disposizione, che non si applica al concordato semplificato in quanto non espressamente richiamata all'art. 25-sexies CCI, sarebbe facilmente aggirabile attraverso il preventivo ricorso alla CNC da parte dell'imprenditore che non abbia alcuna possibilità di risanamento, perché questi potrebbe proporre ai creditori solo il ricavato della liquidazione atomistica, e, in caso di rifiuto, accedere al concordato semplificato imponendo loro una ristrutturazione senza alcun apporto di risorse esterne. Osservazioni La pronuncia del Tribunale di Bologna è molto rilevante e puntuale nel cercare di chiarire, anche alla luce delle recenti modifiche ad opera del Correttivo, una delle questioni tuttora irrisolte, sia a livello di prassi che di giurisprudenza, che riguarda proprio la possibilità di proporre una CNC di tipo liquidatoria. Una interpretazione che ammettesse una CNC liquidatoria, come puntualmente rilevato dal Tribunale di Bologna, potrebbe portare ad un uso abusivo della CNC, in contrasto con la ratio dello strumento e comunque in contrasto con il dictum letterale della norma, che, anche dopo le dette modifiche, richiama il “ragionevole” perseguimento del “risanamento dell'impresa” (art. 12, comma 1, CCII). In conclusione, la tesi dell'ammissibilità potrebbe portare ad una eterogenesi dei fini previsti dalla ratio delle norme e dalla finalità dell'istituto, anche considerato che quello del “risanamento” è un concetto ontologicamente diverso rispetto alla semplice “ristrutturazione dei debiti”. Da notare, del resto, che anche secondo i più ferventi sostenitori della tesi interpretativa di “favore”, lo stato di liquidazione dell'impresa richiedente protratto da tempo e l'esiguità del valore dei beni da liquidare e dell'attivo disponibile rispetto al debito complessivo dell'impresa costituiscono certamente elementi da considerare ai fini di valutare se il ricorso alla CNC sia effettivamente da considerarsi “abusivo” (in tal senso si è espresso anche il già citato Tribunale di Perugia, che ammetteva in linea teorica la composizione liquidatoria). Non bisogna del resto dimenticare che la stessa direttiva Insolvency si esprime nel senso della totale differenza sostanziale tra strumenti liquidatori del patrimonio e quelli tesi al risanamento dell'impresa, che non possono dunque essere tra loro “confusi”. |