Presunzione di proprietà comune: può essere superata solo dalle opposte risultanze del titolo che ha originato il condominio
10 Luglio 2025
Massima In tema di condominio, la presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini dei beni di cui all'art. 1117 c.c. può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali, ove questo contenga, sul punto, indicazioni chiare ed inequivoche, essendo richiesto che, dal medesimo titolo, emergano elementi univoci in contrasto con la reale esistenza di un diritto di comunione. Il caso Dinanzi al Tribunale di Massa, tre condomini convenivano in giudizio un altro condomino, affinchè venisse accertata la comproprietà degli attori della corte comune condominiale, dichiarando illegittima, arbitraria e indebita l'appropriazione da parte del convenuto della corte antistante il fabbricato condominiale - avendo questi installato una struttura fissa tipo dehor, ancorata alla parete condominiale e chiusa sui tre lati con materiale tipo PVC - e della parte retrostante, avendo installato un manufatto in lamiera grecata coibentata. Inoltre, accertata la lesione del diritto di comproprietà degli attori in riferimento alle corti comuni occupate e possedute in esclusiva e in modo arbitrario dal convenuto, gli attori hanno chiesto la sua condanna all'eliminazione sia della struttura tipo dehor, sia del manufatto in lamiera grecata coibentata, con spese a suo carico, nonché al rilascio delle corti comuni condominiali possedute in modo illecito, ai sensi dell'art. 1102 c.c., in combinato disposto con l'art. 948 c.c., e la condanna, infine, del convenuto al risarcimento dei danni subiti dagli attori per il mancato godimento delle corti comuni, nella misura ritenuta di giustizia. Si è costituito in giudizio il convenuto, chiedendo venisse dichiarata la nullità e/o l'invalidità della CTU esperita in corso di causa e che fossero respinte tutte le domande degli attori, con condanna degli stessi in solido a rifondere in suo favore le spese e le competenze difensive del giudizio, nonché al pagamento di una somma equitativamente determinata. La questione Si trattava di stabilire se le aree oggetto di domanda avessero o meno natura condominiale. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Massa ha respinto la domanda degli attori, ritenendola infondata, condannando gli stessi a rifondere al convenuto le spese del giudizio, ponendo a loro carico anche le spese di CTU. Osservazioni Il Tribunale ha preliminarmente respinto l'eccezione di nullità della CTU avanzata dal convenuto, sostenendo che il consulente ha acquisito documenti volti a qualificare i beni oggetto della domanda ma non a sopperire alla prova in via primaria dei fatti costitutivi della domanda stessa. Infatti, la relazione peritale ha consentito di comprendere la natura di tali beni, di averne compiuta cognizione sotto il profilo sostanziale, funzionale e urbanistico, al fine di interpretare in modo corretto il contenuto degli atti di trasferimento che riguardano quei beni. La Suprema Corte afferma che, in virtù del principio dispositivo e dell'operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l'ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di un ordine del giudice o di acquiescenza delle parti - indagare d'ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova. A tale regola, può derogarsi soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti (Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2019, n. 31886). Al fine di poter affermare la natura condominiale di un bene, occorre gradatamente verificare dapprima che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, e poi che sussista un titolo contrario alla “presunzione” di condominialità, facendo riferimento esclusivo al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto (Cass. civ., sez. II, 21 novembre 2024, n. 30025; Cass. civ., sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449; Cass. civ., sez. II, 8 settembre 2021, n. 24189). La presunzione legale di condominialità stabilita per i beni di cui all'art. 1117 c.c. - contenente una elencazione, peraltro, non tassativa ma solo esemplificativa - deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2023, n. 10269; Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2007, n. 17928). Ne consegue che, per vincere detta presunzione (iuris tantum) il soggetto che rivendichi la proprietà esclusiva del bene ha l'onere di fornire la prova di tale diritto. A tal fine, è necessario l'atto costitutivo che sia parte integrante del primo atto di vendita con cui è stata frazionata l'originaria unica proprietà, dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, non potendo essere determinanti, a questo proposito, né le risultanze del regolamento condominiale - ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni -, né l'eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino (Cass. civ., sez. II, 6 luglio 2022, n. 21440; Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2012, n. 8012; Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2002, n. 5633; Cass. civ., sez. II, 15 giugno 2001, n. 8152; Cass. civ., sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449; Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2007, n. 17928; Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2012, n. 13262). In altre parole, la presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini di un bene non può essere vinta con qualsiasi prova contraria, ma soltanto alla stregua delle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali (Cass. civ., sez. II, 6 luglio 2022, n. 21440). Pertanto, se in occasione della prima vendita - o di altro atto di trasferimento - la proprietà di un bene, potenzialmente rientrante nel novero dei beni comuni, è stata attribuita al Condominio, deve escludersi che un singolo condomino abbia potuto acquisirne con atto successivo la proprietà esclusiva dall'originario unico proprietario (Cass. civ., sez. II, 3 maggio 2002, n. 6359). Nel caso in esame, per il Tribunale di Massa, non è idoneo a qualificare un bene come condominiale, ai sensi dell'art 1117 c.c., la classificazione urbanistica dello stesso quale bene comune non censibile, trattandosi di una mera attribuzione amministrativa, priva di valenza civilistica. Rileva, inoltre, il giudice che le aree oggetto di domanda non rappresentano parti comuni c.d. necessarie, ovvero indispensabili all'esistenza stessa del fabbricato multipiano. Tali aree sono accessorie e non hanno alcuna natura funzionale collettiva inderogabile. Pertanto, il loro inserimento o meno nel novero dei beni comuni di cui all' art 1117 c.c. dovrà essere valutata unicamente in forza del titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali, e, in forza del quale taluni beni, astrattamente comuni, possono essere attribuiti in proprietà esclusiva al singolo (Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2024, n. 16619). Dalla disamina svolta dal CTU, è emerso che le porzioni immobiliari di cui gli attori rivendicano la comproprietà non hanno natura condominiale necessaria e sono state oggetto di specifica disposizione nell'atto che ha dato origine al condominio. Il convenuto ha depositato in giudizio una serie di documenti dai quali si è potuto evincere che, con il primo atto notarile, l'originario unico proprietario dell'immobile, ricevuto per successione paterna, ha venduto alla sorella due immobili (fra cui quello cui sono accessori i beni oggetto di controversia). E questo costituisce il titolo costitutivo del condominio. I beni di cui si discute, anche se non individuati catastalmente, sono chiaramente descritti in tale atto come pertinenti il fondo commerciale oggetto di compravendita e con lo stesso cedute. Gli stessi beni sono richiamati e identificati nel successivo atto notarile, con il quale il convenuto ha acquistato il fondo, oggi destinato a bar, con planimetrie del tutto coincidenti con la descrizione compiuta anche dal CTU. Per i beni di cui all'art. 1117 c.c. la proprietà comune si fonda su di una presunzione legale (iuris tantum), sicché la disposizione di legge opera un'inversione dell'onere probatorio, ponendo a carico di chi intende far valere un diritto di proprietà esclusiva la dimostrazione che il titolo di acquisto originario, ovvero la obiettiva destinazione data dall'unico originario proprietario, abbia attribuito al singolo bene un uso ed un impiego diversi da quelli previsti dall'art. 1117 c.c., ovvero ne abbia in ogni caso riservata la proprietà ai singoli partecipanti (Trib. Milano 28 maggio 1992). Tutto ciò premesso, il Tribunale di Massa ha ritenuto che, riguardo ai beni oggetto di causa, non possa valere la presunzione di condominialità ex art 1117 c.c., avendo il convenuto assolto all'onere di provare che tali beni gli appartengono sulla base di un titolo idoneo a vincere detta presunzione. Riferimenti Tortorici, La proprietà esclusiva di beni del condominio, in Immob. & proprietà, 2022, fasc. 10, 571; Franco, Riflessioni intorno (ai criteri interpretativi relativi) alla titolarità dei beni (comuni) di cui all'art. 1117 c.c., in Immob. & proprietà, 2022, fasc. 1, 28; Landolfi, Parti comuni: natura derogabile dell'art. 1117 cod. civ, in Immob. & proprietà, 2005, fasc. 5, 256. |