Responsabilità del locatore per mancato ottenimento dei titoli che abilitano l’attività imprenditoriale del conduttore

15 Luglio 2025

Con l'ordinanza in commento, il Supremo Collegio, delineando, da un lato, gli adempimenti a carico del locatore e, dall'altro, gli oneri di controllo in capo al conduttore, ha cassato la sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento del locatore, perché il giudice di merito non aveva evidenziato gli indici di fatto idonei a giustificare l'obbligazione, ex fide bona, di quest'ultimo di attivarsi al fine di regolarizzare l'intervenuta trasformazione di una parte dell'immobile locato - nella specie, da magazzino a laboratorio per la lavorazione della carne - compiuta abusivamente dal precedente conduttore, in una fattispecie in cui l'oggetto del contratto era indicato come magazzino, in conformità alla relativa previsione catastale.

Massima

In materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato conseguimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi necessari allo svolgimento della sua attività imprenditoriale può dar luogo a responsabilità del locatore soltanto se il loro ottenimento è impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene locato, o se il concedente ha formalmente assunto l'impegno di conseguirli, oppure se, in forza del principio della buona fede contrattuale, deve ritenersi che il locatore sia comunque tenuto a collaborare con il conduttore, in quanto la sua fattiva partecipazione al corrispondente procedimento amministrativo è indispensabile per la realizzazione della causa contrattuale desumibile dalla volontà negoziale delle parti.

Il caso

Entrambi i giudici di merito, in accoglimento della domanda proposta dal conduttore, avevano pronunciato la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del locatore, nella specie consistito nell'impedire al medesimo conduttore l'uso del bene locato per l'attività commerciale cui era preordinato il contratto di locazione.

In particolare, secondo il giudice distrettuale, il locatore si era ingiustificatamente rifiutato di attivarsi al fine di ottenere la sanatoria dell'immobile indispensabile per il rilascio di una nuova certificazione di agibilità, a sua volta resasi necessaria a seguito delle modificazioni materiali apportate, all'immobile locato, dal precedente conduttore, il quale aveva trasformato il locale magazzino (parte integrante del compendio concesso in locazione) in un laboratorio per la lavorazione delle carni.

L'esigenza delle nuove certificazioni amministrative era emersa, nel caso di specie, dopo che il Comune aveva annullato in autotutela il precedente provvedimento con cui era stata rilasciata una nuova autorizzazione amministrativa per l'esercizio dell'attività commerciale nell'immobile concesso in locazione.

Avverso la sentenza di appello, il locatore - soccombente nei giudizi di merito - proponeva quindi ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se la sentenza impugnata avesse violato gli artt. 1575,1587 e 1362 ss. c.c., laddove, nel sancire l'inadempimento contrattuale del locatore, aveva attribuito alle clausole del contratto di locazione inter partes un significato diverso da quello letterale, segnatamente rinvenendo, nell'incontestato contenuto del medesimo contratto, un inesistente obbligo, in capo al suddetto locatore, di consentire la regolarizzazione urbanistica dell'immobile concesso in locazione.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto il ricorso fondato.

Invero, sul versante fattuale, costituiva circostanza incontestata tra le parti l'avvenuta originaria concessione in godimento, da parte del locatore in favore del conduttore, del compendio immobiliare catastalmente destinato, in parte, ad attività commerciale (supermercato) e, in parte, a magazzino; e parimenti incontestata risultava la circostanza costituita dall'avvenuta materiale trasformazione del locale destinato a magazzino, da parte del precedente conduttore in un laboratorio di carni; trasformazione, questa, mai condotta a conoscenza dell'Amministrazione pubblica, a seguito della quale gli originari certificati amministrativi di agibilità del locale magazzino erano divenuti non più adeguati alla nuova situazione di fatto; tale situazione avrebbe imposto, al fine di proseguire nell'attività di lavorazione delle carni, l'adozione delle necessarie misure di adeguamento urbanistico del locale (ancora catastalmente destinato a magazzino) e, successivamente, la richiesta ed il conseguimento di una nuova certificazione di agibilità.

Quando, in un secondo momento, il compendio immobiliare di cui sopra era stato concesso in locazione al nuovo conduttore, tale situazione di fatto - ossia la difformità tra la formale destinazione catastale del locale a magazzino e la sua materiale (ed irregolare) destinazione a lavorazione di carni - continuava a perdurare senza che si provvedesse ad alcuna regolarizzazione della condizione urbanistica e catastale del locale; e ciò pur a fronte dell'espressa e formale concessione in godimento (anche) di tale locale, in favore del nuovo conduttore, come destinato a magazzino, senza alcuna menzione della sua destinazione alla lavorazione di carni.

In buona sostanza, il nuovo conduttore aveva assunto in locazione continuando ad utilizzare il locale magazzino come laboratorio di carni, in contrasto, però, con le espresse previsioni contrattuali, aventi ad oggetto la locazione di un locale destinato a magazzino (accanto al locale commerciale destinato a supermercato), e senza che neppure fosse stata conseguita alcuna regolarizzazione urbanistica e catastale; l'irregolarità amministrativa, concernente la destinazione del locale (attuata in contrasto anche con le formali previsioni contrattuali), era proseguita fino a quando l'Autorità amministrativa non aveva avuto occasione di rilevarlo, imponendo la sanatoria delle modificazioni di fatto originariamente apportate all'immobile dal precedente conduttore ed il successivo conseguimento di un nuovo certificato di agibilità a seguito della sanatoria; tale agibilità, inizialmente concessa, era stata, poi, annullata in autotutela dall'Amministrazione competente, in ragione della mancata sanatoria delle modificazioni apportate per l'adattamento del magazzino a laboratorio di carni.

In questo frangente, si inseriva l'atteggiamento contrattuale del locatore, il quale si era opposto alla richiesta di sanatoria, sostenendo di non aver mai autorizzato la modificazione del locale destinato a magazzino in laboratorio di carni, e pretendendo la prosecuzione del rapporto in conformità alle previsioni contrattuali, rimarcando l'obbligo di conduttore di utilizzare il compendio concesso in locazione, da un lato, come supermercato e, dall'altro, come magazzino.

In punto di diritto, gli Ermellini dovevano, quindi, procedere all'esatta identificazione della parte che doveva ritenersi inadempiente rispetto alle previsioni contrattuali, ossia se il locatore, per non aver acconsentito (attraverso la prestazione dell'assenso alla sanatoria delle modificazioni del magazzino) ad un uso della cosa locata conforme alle finalità contrattuali condivise dalle parti, oppure se, viceversa, il conduttore, per aver preteso di utilizzare di fatto l'immobile locato in difformità dalle pattuizioni contrattuali.

In proposito, si rimarca il consolidato insegnamento della magistratura di vertice, secondo cui il mancato conseguimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell'attività imprenditoriale può dar luogo alla responsabilità del locatore nel solo caso in cui lo stesso abbia formalmente assunto l'impegno volto al conseguimento di tali titoli amministrativi, oppure se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento (Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2018, n. 20796; Cass. civ., sez. III, 16 giugno 2014, n. 13651).

In altri termini, salvo il caso estremo - non ricorrente nel caso di specie - in cui il conseguimento dei necessari titoli amministrativi debba ritenersi oggettivamente non raggiungibile, in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento, sarà il conduttore (interessato all'effettiva idoneità del bene che intende assumere in locazione allo svolgimento della propria specifica attività imprenditoriale) a dover assumere ogni iniziativa conoscitiva ed operativa ai fini dell'eventuale conseguimento dei titoli amministrativi conformi ai propri interessi, senza che, peraltro, a tale conseguimento il locatore possa ritenersi obbligato, a meno che quest'ultimo abbia formalmente assunto un simile obbligo sul piano contrattuale.

I magistrati del Palazzaccio aggiungono che, in forza del principio della buona fede contrattuale - destinato a governare le relazioni tra le parti, a partire dall'instaurazione del rapporto precontrattuale (art. 1377 c.c.) fino alla successiva attività di interpretazione (art. 1366 c.c.) e di esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) - il locatore, pur quando non abbia formalmente assunto alcun impegno al conseguimento dei necessari titoli amministrativi, deve ritenersi tenuto, comunque, a collaborare con il conduttore al fine di ottenerli, laddove la sua fattiva partecipazione al corrispondente procedimento amministrativo sia indispensabile ai fini della realizzazione della causa contrattuale per come ricostruita attraverso l'interpretazione della volontà negoziale delle parti.

Tuttavia, in tal caso, sarà necessario dar conto in modo analitico degli specifici indici di fatto idonei a sostanziare ed a giustificare l'effettiva imposizione, a carico del locatore, dell'obbligo di consentire il conseguimento dei titoli amministrativi indispensabili alla realizzazione della causa contrattuale, trattandosi di una delicata operazione interpretativa, volta in ogni caso ad incidere (sia pure sul solo piano della qualificazione amministrativa) sulla sostanza economica e, dunque, sull'identità stessa di un bene alla cui trasformazione o modificazione il locatore, comunque, non aveva inteso assumere alcun formale o espresso impegno.

Nel caso di specie, escluso che il locatore avesse mai assunto alcun formale o espresso impegno volto al conseguimento dei titoli necessari allo svolgimento dell'attività imprenditoriale del conduttore, deve escludersi, altresì, che lo stesso locatore potesse ritenersi obbligato ex fide bona a collaborare al fine di ottenere quegli stessi titoli, non avendo la Corte territoriale neppure univocamente evidenziato, in modo analitico, gli indici di fatto eventualmente idonei, sul piano interpretativo, a giustificare tale obbligo - volto, in particolare, a regolarizzare la trasformazione del magazzino in laboratorio di carni - in vista della realizzazione della causa contrattuale, tenuto conto, in primo luogo, della decisiva circostanza costituita dalle previsioni contrattuali aventi ad oggetto la locazione (non già di un laboratorio di carni, bensì) di un magazzino, in conformità alla relativa previsione catastale.

In conclusione, il Supremo Collegio ritiene che la decisione gravata, nella misura in cui ha ritenuto sussistente un obbligo contrattuale del locatore a consentire la trasformazione catastale del proprio bene (da magazzino a laboratorio di carni), al fine di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso pattuito ex art. 1575, n. 2, c.c., si sia tradotta - non già (o non tanto) in un'erronea interpretazione del contratto concluso tra le parti dell'odierno giudizio, bensì - nell'oggettiva violazione del citato art. 1575 c.c., ossia delle norme destinate ad individuare gli obblighi reciproci delle parti in conseguenza della stipulazione del contratto di locazione.

Incombeva piuttosto sul conduttore, interessato al godimento dell'immobile offerto dal locatore, l'onere di procedere all'esatta identificazione delle effettive potenzialità economiche dello stesso immobile rispetto alle proprie particolari esigenze imprenditoriali, eventualmente pretendendo l'assunzione, da parte del concedente, dell'impegno volto ad ottenere il conseguimento dei titoli a tal fine necessari; viceversa, l'aver assunto in locazione un locale-magazzino (contrattualmente definito tale), trascurando di approfondire e di risolvere (nel proprio stesso interesse) la contraddizione costituita dall'evidente difformità della situazione catastale del bene rispetto alla sua effettiva condizione di fatto (laboratorio di carni), senza neppure preoccuparsi di acquisire l'impegno del locatore a consentire il conseguimento dei titoli necessari alle proprie specifiche esigenze imprenditoriali, non vale a tradursi nella pretesa di imputare al locatore la responsabilità contrattuale di non condividere quella volontà di trasformazione catastale, mai formalmente autorizzata.

Osservazioni

L'ordinanza in commento affronta una fattispecie abbastanza frequente nella realtà locatizia, dove un conduttore prende in locazione un immobile al fine di svolgerci una determinata attività imprenditoriale, che viene, però, impedita dal mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, per cui al locatore se ne imputa la responsabilità sotto vari profili, come la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno (il caso esaminato concerneva le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, ma con principi esportabili anche in quelle ad uso abitativo, segnatamente riguardo al rilascio della c.d. agibilità dell'immobile locato).

Il disposto normativo da cui prendere le mosse è l'art. 1575 c.c., il quale prevede, tra le obbligazioni principali del locatore, al n. 2, quella di mantenere la res locata “in istato da servire all'uso convenuto”, ma si rivela più delicata è la questione - risolta diversamente in giurisprudenza - relativa alla sussistenza, a carico del locatore, di consegnare un immobile dotato delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell'attività che intende svolgervi il conduttore, che si correla con la questione riguardante l'oggetto del “buono stato manutentivo” che va garantito al conduttore, nel senso se esso concerna le sole qualità della cosa locata oppure investa anche quelle giuridiche.

Secondo un primo orientamento - Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2018, n. 14731; Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1735; Cass. civ., sez. III, 1° dicembre 2009, n. 25278; Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2007, n. 13395; Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2007, n. 5836 - grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, sicché, qualora il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato, precisando che la destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, unicamente se abbia formato oggetto di specifica pattuizione tra le parti.

Secondo un diverso indirizzo - di cui sono espressione Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12286; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2008, n. 20067; Cass. civ., sez. III, 28 marzo 2006, n. 7081 - che dà, a vario titolo, rilievo al difetto della documentazione in oggetto, la mancanza delle autorizzazioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio (e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all'esercizio di un'attività commerciale) costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l'abbia consapevolmente accettata.

In base ad una tesi, per così dire, mediana, cui sembra aderire la pronuncia in esame - riconducibile a Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2016, n. 15377; Cass. civ., sez. III, 16 giugno 2014, n. 13651 - nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, convenzionalmente destinati ad un'attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione edilizia del bene, l'inadempimento del locatore può configurarsi quando la mancanza di tali titoli dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e, quindi, l'esercizio lecito dell'attività del conduttore conformemente all'uso pattuito, oppure quando il locatore abbia assunto l'obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi.

Riferimenti

Abbate, Agibilità dell'immobile e contratto di locazione, in Filodiritto.com, 2014;

Scarpa, Rilascio di autorizzazioni e standards di funzionalità del bene locato necessari per l'uso pattuito, in Immob. & proprietà, 2012, 387;

Moreschi, Locazioni commerciali: obbligazioni del proprietario e del conduttore con riguardo alla necessità di adeguare l'immobile locato alle normative igienico-sanitarie imposte dal legislatore nazionale e comunitario, in Il Civilista, 2011, fasc. 4, 33;

Cimatti, Locali inidonei all'attività richiesta e responsabilità esclusiva del conduttore, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 7, 51;

Palombella, Il meccanico deve verificare se il locale da prendere in affitto può diventare un'officina, in Dirittoegiustizia.it, 2011;

Costabile, Locali inidonei all'attività commerciale: quali sono gli obblighi per il locatore?, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 2, 90;

Greblo, Obbligazioni del locatore ed ottenimento del certificato di abitabilità dell'immobile locato, in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 52;

De Tilla, Non sempre il locatore è responsabile per l'inidoneità dell'immobile locato, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 1, 48;

Amendolagine, Obbligo del locatore a consegnare la res locata esente da vizi occulti ed idonea a servire all'uso a cui è destinata tra disciplina normativa e previsioni contrattuali, in Rass. loc. e cond., 2005, 437;

Toschi Vespasiani, La mancanza del certificato di agibilità e il contratto di locazione dell'immobile ad uso non abitativo, in La responsabilità civile, 2006, 808.

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