L’esonero dal lavoro notturno dei lavoratori caregiver
11 Settembre 2025
Massima Ai sensi dell'art. 11, comma 2, lett. c), del d.lgs. 66/2003, il lavoratore che ha a suo carico un familiare con disabilità, ai sensi della l. n. 104/1992, ha diritto all'esonero dal lavoro notturno per l'intero periodo individuato dal contratto collettivo applicabile, anche se più ampio del minimo legale. Non è pertanto legittima la riduzione unilaterale della fascia oraria di esonero da parte del datore di lavoro per esigenze organizzative, né è ammissibile invocare il principio di parità con categorie soggette a divieti diversi (come le lavoratrici gestanti o puerpere), in quanto ciò determinerebbe una compressione indebita di diritti soggettivi tutelati. Il caso Quattro dipendenti, che assistono familiari in condizioni di grave disabilità fruendo dei permessi ex art. 33 comma 3 l. 104/1992, convengono in giudizio la società datrice di lavoro al fine di essere esonerati dal lavoro notturno. I ricorrenti rappresentano di aver precedentemente ottenuto l'esonero dal lavoro notturno dalle ore 22.00 sino alle ore 05.00: tuttavia la società ha modificato arbitrariamente la fascia dell'esonero notturno dalle ore 24.00 alle ore 05.00, adducendo ragioni organizzative. I ricorrenti ritengono che tale modifica della fascia oraria di esonero dal lavoro notturno sia illegittima e che la dispensa dalla prestazione notturna debba comprendere l'intero periodo dalle ore 22.00 alle ore 05.00 come previsto dal CCNL Autoferrotranvieri e in conformità con l'art. 11 d.lgs. 66/2003 e con quanto disposto dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 8/2005 e dall'INPS con nota del 26.11.2020. Per di più, come riferito dai ricorrenti, la datrice di lavoro non avrebbe applicato l'esonero nemmeno nella fascia oraria 24.00-05.00. La società si costituisce esponendo che molti dei dipendenti addetti al deposito sono beneficiari dei permessi ex. l. 104/1992 e che si è reso necessario modificare la fascia oraria del lavoro notturno da 22.00-05.00 a 24.00-05.00 per garantire la continuità del servizio; inoltre, rammenta che l'art. 11 d.lgs 66/2003 stabilisce divieto assoluto inderogabile di adibire al lavoro notturno, inteso come compreso fra le ore 24.00 e le ore 06.00, le puerpere e le gestanti, mentre per le restanti categorie (ovverosia, a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa; c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni) è previsto l'esercizio del diritto all'esonero. Da tale disposizione, la società ricava che il legislatore abbia inteso assegnare al datore di lavoro il potere di regolamentare il lavoro notturno di quest'ultime categorie. Il Tribunale di Roma accoglie il ricorso. La questione Può il datore di lavoro restringere la fascia orario di esonero dal lavoro notturno per i lavoratori che assistono familiari con disabilità e che beneficiano dei permessi ex l. 104/1992? Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Roma compie una lettura sistematica e coordinata tra l'art. 1 e l'art. 11 del d.lgs. 66/2003 e l'art. 11 del CCNL Autoferrotranvieri applicato. In primo luogo rammenta che l'art. 1 d.lgs 66/2003 definisce quale lavoro notturno la prestazione che si svolge in un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino: tale disposizione, letta congiuntamente con l'art. 13 d.lgs 66/2003, concede alla contrattazione collettiva ampio spazio nell'individuare specificamente tale periodo. Nel caso concreto, coerentemente, l'art. 11 del ccnl applicato individua il periodo di lavoro notturno quale quello svolto fra le ore 22.00 e le ore 05.00. La sentenza in commento, in secondo luogo, sottolinea la differenza, prevista dall'art. 11 d.lgs. 66/2003, fra l'esonero obbligatorio dal lavoro notturno, previsto dalle ore 24.00 alle ore 06.00 per le lavoratrici dall'accertamento dello stato di gravidanza sino al compimento di un atto di età del bambino, e l'esonero facoltativo dal lavoro notturno. Quest'ultimo è stabilito per quattro categorie (già richiamate nel paragrafo precedente) fra le quali si annoverano anche i caregiver intesi come coloro che hanno a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della L. 104/1992. Dunque, la dispensa “facoltativa” dal lavoro notturno esercitabile dal lavoratore che assiste un soggetto con disabilità ex l. 104/1992 riguarda l'intero periodo notturno di sette ore come individuato dal CCNL (e compresa la fascia oraria 24.00-05-00). L'esonero “obbligatorio” imposto, invece, in relazione alle puerpere e alle lavoratrici in stato di gravidanza si estende alla fascia oraria 24.00-06.00. Il Tribunale sottolinea che la disparità fra i due istituti è dettata dalla diversa ratio posta a fondamento delle norme. Il divieto di lavoro notturno per donne incinte e puerpere è funzionale alla tutela delle condizioni psicofisiche della donna e del rapporto madre-figlio durante il primo anno di vita del bambino. L'esonero facoltativo dal lavoro notturno, invece, è finalizzato a facilitare gli oneri di cura posti in capo al caregiver nonché, in particolare, a consentire di seguire un ritmo di vita più conforme alle esigenze di cura del familiare con invalidità. La madre lavoratrice che, ad ogni modo, rientri nelle categorie di cui alle lettere a), b) e b-bis) dell'art. 11 d.lgs 66/2003 può ben invocare anche la tutela “facoltativa” che si affianca a quella “obbligatoria” prevista per le lavoratrici in gravidanza e puerpere. La differenza fra i due istituti, tuttavia, a parere del Tribunale, non può essere invocata come pretende la datrice di lavoro per giustificare una compressione dei diritti più ampi riconosciuti al caregiver: il datore di lavoro non può invocare una cd. uguaglianza al ribasso, cioè finalizzata a limitare una tutela più favorevole. Dunque, la società non può comprimere la fascia oraria di esonero dal lavoro notturno invocato dal caregiver (in questo caso, 22.00-05.00) giustificando tale determinazione unilaterale in virtù della più limitata fascia oraria prevista per l'esonero “obbligatorio” dal notturno per le lavoratrici in gravidanza e per le puerpere (24.00-06.00). Osservazioni Ai fini di un esame più compiuto della disciplina, è doveroso specificare che l'art. 3 l. 104/1992, definisce, al comma 1, la persona con disabilità: “È persona con disabilità chi presenta durature compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri, accertate all'esito della valutazione di base”. Al comma 3, poi, delinea la condizione di colui che presenta una disabilità c.d. “grave”: “Qualora la compromissione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, il sostegno è intensivo e determina priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”. Come già visto, il disposto dell'art. 11 d.lgs 66/2003 richiede che, ai fini della dispensa dalla prestazione lavorativa notturna, il dipendente debba avere a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Ne consegue, come suggerito dalla Cassazione con sentenza n. 12649/2023 (Cass. civ., sez. lav., 10 maggio 2023, n. 12649) che, sulla base del mero dato testuale, ai fini dell'esonero è sufficiente la condizione di disabilità del soggetto posto a carico, senza che abbia alcuna rilevanza il grado di gravità dell'invalidità. Per di più, come ragionevolmente osservato dalla Cassazione, “laddove il legislatore ha inteso subordinare la concessione di un beneficio alla circostanza che sussistesse una situazione di handicap con connotato di gravità, lo ha esplicitamente richiesto, come nel caso dei permessi giornalieri e mensili ovvero dei limiti al trasferimento (cfr. l. n. 104/1992, art. 33)”. |